Verso Open House Napoli

Verso Open House Napoli

L’intervista a Stefano Fedele, co-direttore Open House

Il 26 e 27 ottobre Napoli diventerà la quarta città italiana ad ospiterà Open House, il festival globale dell’architettura e del design. Un evento gratuito che aprirà al pubblico le porte della città. Un appuntamento che rientra nella rete internazionale di Open House Worldwide, il primo festival globale dell’architettura fondato a Londra nel 1992. dalSociale24 ha intervistato Stefano Fedele, co-direttore Open House, per scoprire qualcosa in più in vista dell’evento del prossimo fine settimana.

Roma, Milano, Torino. Perché portare una manifestazione come Open House a Napoli?
Credo che la domanda vada ribaltata: come mai non esisteva già Open House a Napoli? Che è poi quella che ci siamo posti noi organizzatori, sorprendendoci che non ci fosse già stato qualcuno a pensare di importare il modello Open House, il festival globale dell’architettura nato a Londra nel 1992, nella città più importante del Mezzogiorno. Napoli è una capitale che merita un palcoscenico del genere. Una metropoli che in virtù dei suoi oltre venticinque secoli di storia sedimentati presenta un patrimonio architettonico peculiare. Una città stratificata: i cui strati talvolta coesistono nel medesimo spazio. Un esempio è la cinquecentesca Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli, nelle cui fondamenta sono state scoperte mura di epoca greca e romana, oggi visibili grazie a un recente intervento di ristrutturazione che ha creato un vuoto nella navata centrale, contornato da una passerella in vetro. Lì c’è tutta la storia di Napoli in pochi metri quadrati, dai greci sino al contemporaneo. Poche città permettono di costruire un racconto architettonico simile.

Abbiamo provato a registrarci per i tour e abbiamo constatato che è tutto esaurito per la maggior parte delle location. In quali c’è ancora posto?
Ricordiamo che solo una metà delle location è visitabile tramite prenotazione. Per l’altra, ben 50 luoghi, l’ingresso è libero per ordine di arrivo, quindi c’è ancora un’ampia scelta, con spazi come Brin 69, la Banca d’Italia – aperta per la prima volta in assoluto ai cittadini –, la facoltà di Ingegneria progettata da Luigi Cosenza, Palazzo san Giacomo. Tra le location su prenotazione disponibili segnalo la Facoltà di infermieristica a Scampia, ancora in cantiere, e il Complesso Universitario di San Giovanni a Teduccio. Nell’area nord c’è la Stazione metro di Piscinola, dedicata a Felice Pignataro, con una guida d’eccezione: la moglie Mirella, che racconterà dell’impegno civile, culturale e artistico del marito. E come dimenticare il Palazzo delle Poste di Vaccaro e Franzi, uno dei capolavori riconosciuti dell’architettura italiana del Novecento. Per qualche sito sold out, infine, abbiamo aggiunto turni di visita straordinari: Villa Oro, l’Acquedotto Augusteo del Serino, la Stazione Municipio della metropolitana, l’Hotel san Francesco al Monte.

Parliamo della scelta delle location. Dal centro alla periferia, da edifici che hanno a che fare con il sociale a veri e propri gioielli di architettura. Con quale criterio avete scelto questi edifici?
È nella filosofia del modello Open House raccontare la città viva, quella autenticamente esperita ogni giorno dai cittadini, proprio per far capire quanto l’architettura influenzi il loro quotidiano. Questo ci ha spinto a costruire un programma che presentasse uffici, factory creative, scuole, università, studi professionali, infrastrutture, spazi recettivi. Abbiamo voluto poi raccontare la città nella sua interezza, tra centro e periferia, ragione per cui sono rappresentate tutte e dieci le municipalità. Un principio di scelta è stato certamente la qualità estetica, il valore dei progetti. Ma bella per noi è anche La Gloriette, un bene confiscato alla camorra, la villa che fu del boss Michele Zaza. La bellezza lì non riguarda l’estetica, ma quello che si è fatto con quel bene, grazie al lavoro della cooperativa sociale che oggi la gestisce fornendo servizi alle persone vulnerabili. Bellezza e rigenerazione di un luogo passano anche tramite l’uso che se ne fa.

Se c’è una differenza con le altre manifestazioni è quella che Open House Napoli valorizza anche le periferie di questa città, troppe volte sottovalutate.
Sì, ho già fatto diversi esempi di location che appartengono alle periferie. È la nostra pigrizia mentale a spingerci a muoverci ancora intorno a classificazioni di questo tipo, centro e periferia, con la quale poi intendiamo serie A e serie B, inutile nasconderselo. Eppure se una vera trasformazione arriverà per Napoli sarà solo attraverso le periferie, grande laboratorio della città futura. Questo anche perché, mentre nel densissimo centro storico tutto ciò che si può fare è riqualificare e tutelare il patrimonio esistente, è negli spazi assai più ampi delle periferie che si può davvero sperimentare e innovare, sia sul piano architettonico che dei modelli sociali.

500 volontari. OHN ha registrato un grande coinvolgimento soprattutto dei giovani. La dimostrazione che eventi come questo possono fare da stimolo ad una maggiore partecipazione, non trova?
Credo ci siano poche parole più abusate e retoriche di partecipazione o anche rete. Però da operatore culturale e organizzatore di eventi devo riconoscere che senza la partecipazione un evento come Open House Napoli non esisterebbe: i 500 volontari, studenti, architetti, appassionati; ma anche i proprietari e i gestori di 100 tra luoghi ed eventi diversi che hanno risposto entusiasticamente, aprendo con grande generosità le porte delle loro strutture. E anche enti ed istituzioni, il Comune, l’università Federico II, Anm, Eav, Acen, Ordine degli Architetti hanno fornito il loro importante contributo. Noi organizzatori siamo l’enzima che rende possibile la reazione chimica: ma l’intero processo, e l’evento che ne è il risultato, sono merito della partecipazione di tutti i soggetti coinvolti.

Provi a lanciare un appello ai nostri lettori
L’appello, ma potrei dire meglio l’invito rivolto ai visitatori, è quello di guardare la città libera da pregiudizi e approfittare delle location più sconosciute, dei sentieri meno battuti per lasciarsi sorprendere da un nuovo sguardo su di una città che ama nascondersi.

Stefano Malla

Redazione
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