L’intervista al presidente nazionale Acli e portavoce dell’Alleanza contro la povertà, Roberto Rossini
La pandemia ha accresciuto il numero di persone in stato di necessità. Sono aumentati i bisogni. Sono emerse con maggiore forza le questioni legate al lavoro nero, soprattutto in alcuni settori. Ne abbiamo parlato con il presidente nazionale Acli e portavoce dell’Alleanza contro la povertà, Roberto Rossini.
Il dl Rilancio introduce il reddito di emergenza. Ma non è un intervento strutturale. A suo avviso come si dovrebbe intervenire?
«Avevamo detto che la via maestra era intervenire sul Reddito di Cittadinanza che contiene delle falle che escludono alcune categorie. E infatti sono dovuti intervenire con il reddito di emergenza. Nel Reddito di Cittadinanza sono penalizzati soprattutto gli stranieri, in quanto i percettori devono avere la residenza in Italia da almeno dieci anni. Un aspetto superato con il reddito di emergenza. Noi avevamo evidenziato che la scala di equivalenza favorisce i singoli più delle famiglie. Anche questo aspetto con il reddito di emergenza viene superato. Bisogna aumentare la dotazione della misura. Crediamo che il numero di poveri possa aumentare a seguito dell’emergenza Covid. Dopo che nel 2019 era diminuito, secondo i dati della Corte dei Conti, grazie all’introduzione del Reddito di Cittadinanza. Si tratta di uno strumento che va più patrimonializzato e col quale è necessario dare maggiore sostegno a famiglie e stranieri. Come Alleanza contro la povertà ci aspettiamo una riforma del Reddito di Cittadinanza».
Anche quest’anno Acli è tra i promotori di Sabir. Il Mediterraneo e la crisi globale il tema di quest’anno.
«Una dei temi è la regolarizzazione. Noi siamo stati tra i primi che hanno chiesto la regolarizzazione contenuta poi nel dl Rilancio. Non possiamo lasciare senza copertura sanitaria migliaia di persone. Non solo per questioni umanitarie, che sono fondamentali, ma anche per la tutela dei diritti di tutti. Noi, così come le altre organizzazioni che promuovono Sabir, siamo stati favorevoli alla misura. Siamo convinti che sul tema della regolarizzazione si dovrà adottare una linea, altrimenti resterà emergenza anche fra 20 anni come lo era 20 anni fa».
Acli si ritiene soddisfatta delle regolarizzazioni di colf e badanti?
«Si tratta di un settore merceologico diverso, rispetto a quello dell’agricoltura. Prima della decisione finale contenuta nel decreto era emersa la possibilità di adottare il modello Portogallo. Ci sembrava l’approccio più coerente alla situazione. Non dimentichiamoci che colf e, soprattutto, badanti tengono in piedi il sistema del welfare del Paese».
Avete fatto una stima di quanti potrebbero decidere di accedere alla misura?
«Il nostro patronato ha stimato che la platea dovrebbe essere attorno alle 500 mila persone. Per quanto concerne le pratiche il nostro patronato le stime tra le 50 e le 200 mila. Ad oggi è difficile prevedere le domande che arriveranno».
Un altro aspetto che è emerso dall’emergenza è che è necessario investire sulla sanità pubblica.
«Sì. Veniamo di anni ai tagli alla sanità pubblica. La crisi ci ha fatto capire che è necessario rafforzarla e coordinarla con la sanità privata. E poi che è necessario lavorare sui servizi territoriali. Gli esperti sconsigliano l’eccessiva ospedalizzazione. Per questo è ancor più necessario investire sulla medicina territoriale».
Ciro Oliviero