Alla povertà alimentare e sanitaria si aggiunge anche la precarietà abitativa
A fine 2020 l’Istat ha certificato un lieve calo della percentuale di popolazione a rischio povertà o esclusione sociale. Numeri che non tengono conto dell’emergenza da Covid-19, in quanto i dati non sono ancora disponibili. Sono però disponibili i dati delle organizzazioni che quotidianamente si occupano degli ultimi, delle persone in stato di necessità. Come abbiamo raccontato più volte nel corso dell’anno appena trascorso è stata certificata a più livelli una maggiore richiesta di sostegno da parte dei nuovi poveri.
L’aumento della povertà non si è fermata con la fine del 2020. Anzi. La situazione ancora incerte causa pandemia non lascia spiragli di concreto ottimismo su questo fronte. L’aumento della povertà è evidente nella quotidianità. In diverse settori. Da quella alimentare, supportata dalle tante iniziative solidali, a quella sanitaria. Il numero di nuovi poveri cresce nelle grandi città come Milano e Roma. Secondo uno studio di Coldiretti 4 milioni di italiani hanno chiesto aiuto per mangiare a Natale. In molti casi il sostegno è arrivato dalle organizzazioni che lavorano sui territori. Come progetto Arca a Milano e la pizzeria Da Michele a Napoli.
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A dirsi preoccupata è la comunità di Sant’Egidio che evidenzia altre criticità oltre quelle già conosciute. Ovvero la precarietà abitativa, «fenomeno già presente in tempi ordinari, sta negli ultimi mesi diventando una vera e propria minaccia per molti nuclei familiari, a partire dagli anziani (soprattutto quelli che vivono da soli), dalle persone con disabilità e, più in generale, da quelle che sono al di sotto della soglia di povertà», si legge in una nota della comunità di Sant’Egidio. La stessa organizzazione promuove il progetto Riparto da Casa, che ha l’obiettivo di rispondere ad alcune di queste necessità.
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