Instragram, app e siti dedicati stanno contribuendo alla crescita del settore second hand nel campo della moda, con un’accelerazione nel lockdown
L’industria tessile viene considerata la seconda più inquinante al mondo dopo quella petrolifera. Lo ha ricordato su dalSociale24 la senatrice del M5S in Commissione Ambiente, Emma Pavanelli. Un’industria che però si sta riscoprendo anche green. Il processo era già partito qualche anno fa a macchia di leopardo. Soprattutto per gli abiti di seconda mano. Il mercato del vintage e dell’usato è tornato a rifiorire. Quest’ultimo, complice la pandemia, si è spostato sul web. Sono nati così diverse app e siti che permettono direttamente agli utenti di vendere i propri capi dismessi. Instagram ha avuto e continua ad avere un ruolo chiave in questo processo. E questo è soprattutto legato all’aspetto economico.
Dicevamo dal fattore ambientale. Acquistare capi usati consente di incidere meno sul consumo di acqua, di emissione di Co2. Di dispersione di prodotti chimici e microplastiche contenuti in diversi prodotti utilizzati nell’industria tessile. Questa scelta consente di innescare l’economia circolare. Questo non significa far perdere posti di lavoro ai milioni di addetti che lavorano nel settore. Piuttosto cambiare paradigma. Questo sistema, infatti, permetterebbe di creare nuovi posti di lavoro. Dalla raccolta allo smistamento fino alla rigenerazione di abiti.
Un mercato che continua a crescere. Stando ai dati dell’ultimo report annuale della piattaforma americana Thread Up nel solo periodo del lockdown è stata registrata una crescita del 20 per cento. Il 52 per cento del campione ha espresso la volontà di investire sempre più in questo filone nei prossimi cinque anni. Entro il 2029, si legge ancora nel rapporto, il resale supererà il fast fashion.
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