Il lockdown e la pandemia hanno aumentato le violenze sulle donne e le denunce, ma hanno anche accresciuto il divario nel mondo del lavoro
Dall’inizio dell’anno si è registrato un caso di femminicidio ogni tre giorni. Durante il lockdown si è registrato un incremento del 73 per cento di chiamate al numero antiviolenza. Aumentate dell’11 le denunce per maltrattamenti. E ancora sul fronte economico: il 98 per cento di quanti hanno perso il lavoro nel periodo della pandemia è donna. A leggere i numeri dell’ultimo anno si fa fatica a capire come si sia dovuto aspettare oggi, la Giornata internazionale della donna, per affrontare questi temi. Non che qualcuno non ci abbia provato. dalSociale24 aveva affrontato il tema lo scorso novembre attraverso l’analisi della segretaria della Cisl Napoli, Melicia Comberiati.
Ma non può bastare questo. Questi temi devono essere al centro dell’agenda politica. Realmente. Non come convenzione. La scelta del Presidente del Consiglio Draghi di tornare in pubblico oggi è apprezzabile. Ma se resta fine a se stessa, senza un reale impegno del governo, non avrà sortito altro che qualche titolo di giornale per rendere più sociale la rassegna stampa di Palazzo Chigi. Il premier oggi interverrà in video prima alla commissione Pari opportunità. Poi avrà un incontro con la commissione Femminicidio. Due temi centrali, come accennato sopra. Due questioni sulle quali l’Italia è molto indietro. Così come sul lavoro. Il divario salariale di genere con i Paesi Ue è circa del 44 per cento.
In una intervista a la Repubblica il ministro per le Pari opportunità Elena Bonetti ha detto che 6 miliardi del Recovery saranno destinati ad sili nido, crediti per le aziende in rosa e defiscalizzazione per le imprese che assumono donne. La renziana ha aggiunto che il «Recovery fund è una grandissima occasione di rilancio. Ma ci vuole una strategia e un cambio culturale». Per la Bonetti la risposta è il ricorso alle quote. Penso alle giunte, ai processi di nomina e alle commissioni nei concorsi». Il cambio di passo deve essere più incisivo. Lo smart working, ad esempio, deve essere reale. E non la traduzione, errata in questo caso, di telelavoro. Deve consentire alle donne, soprattutto madri, di conciliare i tempi del lavoro con la famiglia. Ma anche investire di maggiori responsabilità i padri, prevedendo anche per loro che gli orari di lavoro si possano adattare alle necessità dei figli.
LA CAMPANIA
Restando in tema lavoro le donne sono quelle che hanno pagato maggiormente in termini di posti, come accennato sopra. La Campania è una delle regioni d’Europa con l’indice più alto di donne uscite dal mondo del lavoro. Sono 42 mila le donne che hanno perso il posto di lavoro tra marzo e dicembre 2020. I licenziamenti dell’ultimo anno hanno riportato l’occupazione ai livelli della crisi del 2008. Il 73 per cento di chi hanno lasciato l’impiego causa pandemia è mamma. Svimez ha calcolato che i posti d’occupazione femminile tagliata nel Mezzogiorno nell’ultimo trimestre 2020 è quasi il doppio di quella creata negli undici anni precedenti.
LA COOPERAZIONE
L’occupazione femminile regge nella cooperazione. Secondo i dati diffusi ca Confcooperative 6 lavoratori ogni 10 sono donne. Un dato in controtendenza con gli altri settori e che rende chiara l’idea della centralità delle donne nel mondo del lavoro. Soprattutto in determinati settori. Le donne rappresentano il 70 per cento della forza lavoro impegnata in prima linea nei servizi socio-sanitari, socio assistenziali, educativi, scolastici. Ed oltre il 50 per cento nelle cooperative della cultura, del turismo e dello sport.
@ciro_oliviero