Giovani e donne vittime psicologiche del Covid

Giovani e donne vittime psicologiche del Covid

La riflessione di Stefania Calapai, psichiatra e presidente di Angelo Azzurro, che offre assistenza a pazienti con patologie psichiatriche e psicotiche

Il Covid accresce i disturbi psichici. E si evolve. Sia sotto il profilo virale, con le diverse varianti del virus, sia sotto quello sociale. Trasforma le persone. Colpisce sempre più sul piano psicologico. Se nella prima fase dell’emergenza erano stati gli adolescenti quelli maggiormente interessati dal fenomeno, ora sono giovani e donne quelli maggiormente colpiti. Se prima depressione, ansia, insonnia, disturbi alimentari erano i sintomi più comuni, ora lo sono i disturbi post traumatici da stress, come quelli sul lavoro. Ad evidenziarlo è la psichiatra Stefania Calapai.

Presidente di Angelo Azzurro Onlus, associazione che offre assistenza a pazienti con gravi patologie psichiatriche e psicotiche, la Calapai sottolinea come la pandemia abbia inciso su questa fascia di popolazione. C’è «un aumento preoccupante di tentati suicidi e autolesionismo tra ragazzi già gravi e una forte crescita dell’abuso alcolico nella popolazione giovanile generale». A questo si aggiunge un consistente aumento dei disturbi da stress per le donne «che hanno anche dovuto gestire un carico eccessivo di lavoro tra casa, smart working e didattica a distanza dei figli», ha detto alla Dire la Calapai. Una pandemia nella pandemia che gli psichiatri definiscono psicopandemia.

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La presidente di Angelo Azzurro indica la strada per affrontare il problema. Nel solco di quanto sperimentato in Francia, che ha stanziato fondi per psicoterapie gratuite. Un’idea che secondo la Calapai dovrebbe adottare anche l’Italia. «È molto importante parlare di psicopandemia perché i nostri servizi pubblici di salute mentale non hanno la forza economica nè di personale per far fronte a tutto questo che sta cominciando», ha detto Stefania Calapai. Servizi pubblici con i quali però è necessario tenere il contatto, come sottolinea l’esperta. E lavorarci a stretto contatto «soprattutto per l’aspetto farmacologico e perché essere seguiti dai servizi dà la garanzia ai pazienti di poter accedere alle cliniche e alle comunità».

@dalsociale24

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