Superare la povertà minorile

Superare la povertà minorile

Indispensabile un sistema integrato tra i servizi sociali territoriali e il welfare aziendale per riuscire a rispondere alle esigenze della famiglia

La povertà minorile non aveva mai raggiunto questi numeri negli ultimi 15 anni. A certificarlo è Save the Children nell’indagine pubblicata in occasione della campagna Riscriviamo il futuro. Sono 1 milioni e 346 mila i minori in condizioni di povertà assoluta in Italia nel 2020. 209 mila in più dell’anno precedente. Dato che è destinato a crescere a causa della crisi economica generata dal Covid. Ci sono persone che continuano a perdere il lavoro. Numeri che, anche in questo caso, sono destinati a crescere sensibilmente quando sarà interrotta la misura del blocco dei licenziamenti voluta dal governo Conte II. Ed anche il quel caso a pagare lo scotto maggiore saranno i minori. Bisogna invertire il senso di rotta per il futuro di questi bambini e ragazzi.

I dati Istat certificano che nel 2020, sono in condizione di povertà assoluta poco più di due milioni di famiglie (7,7% del totale da 6,4% del 2019) e oltre 5,6 milioni di individui (9,4% da 7,7%). Dopo il miglioramento del 2019, nell’anno della pandemia la povertà assoluta aumenta raggiungendo il livello più elevato dal 2005 (inizio delle serie storiche). Per quanto riguarda la povertà relativa, le famiglie sotto la soglia sono poco più di 2,6 milioni (10,1%, da 11,4% del 2019).

L’incidenza di povertà assoluta è più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti: è al 20,5% tra quelle con cinque e più componenti e all’11,2 per cento tra quelle con quattro; si attesta invece attorno all’8,5 per cento se si è in tre in famiglia. La situazione si fa più critica se i figli conviventi, soprattutto se minori, sono più di uno, l’incidenza passa infatti dal 9,3 per cento delle famiglie con un solo figlio minore al 22,7 per cento di quelle che ne hanno da tre in su – e tra le famiglie monogenitore. Proprio per queste ultime si registra il peggioramento più deciso rispetto al 2019 (da 8,9% a 11,7%). La dinamica risulta negativa anche per le coppie con figli (dal 5,3% del 2019 al 7,2 se con un figlio, dall’8,8% al 10,5 con due figli).

La ripresa passa dal sostegno alla Famiglia
Apprezzabile il 5° Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, frutto del lavoro dell’Osservatorio Nazionale Infanzia e Adolescenza. Centrali le tre parole guida scelte dal piano: educazione, equità, empowerment. Parole che puntano a integrare le politiche rivolte alle persone di minore età con i diritti e le strategie internazionali ed europee per i minori di età. Per la prima volta il Piano è frutto anche della consultazione dei ragazzi che devono essere coinvolti attivamente nella definizione di interventi, indirizzi e programmazione a loro rivolti.

Diventa strategico ed indispensabile un sistema integrato tra i servizi sociali territoriali e il welfare aziendale per riuscire a rispondere alle esigenze della famiglia, una vera infrastrutturazione sociale, relazionale, educativa ed economica, con un’inevitabile attenzione alla genitorialità, alla conciliazione vita lavoro, ai caregiver per la non autosufficienza, ai progetti dedicati al mondo della disabilità. Vanno individuate risposte concrete alla difficoltà di accesso ai servizi di cura, alla rigidità dell’organizzazione del lavoro in azienda, ai limiti delle reti di supporto territoriale.

Urge un potenziamento dei servizi territoriali alla famiglia (nidi, servizi educativi, scuole per l’infanzia), agevolando la possibilità di frequenza all’offerta educativa e quindi sostenendo i costi d’iscrizione che nel 18 per cento delle famiglie italiane condizionano l’utilizzo del nido. Diventa fondamentale intervenire, anche, sulla sostenibilità del sistema di integrazione 0/6. Molte Donne prima del Covid avevano un lavoro, precario, part-time o a termine e per la pandemia l’hanno perso. E con esso hanno visto sfumare progetti, svanire sogni, vedere svilita la propria dignità.

Una grande battaglia persa con 312 mila donne che sono rimaste senza lavoro da febbraio 2020, soprattutto nel terziario, negli studi professionali, nelle occupazioni meno garantite, dove tante passano spesso da un contratto a termine all’altro o sono costrette ad accettare mezze occupazioni in nero, soprattutto al Sud. Già prima della pandemia le donne italiane scontavano un tasso di occupazione tra i più bassi d’Europa: il 50 per cento contro il 65 della media Ue, con punte al di sotto del 30 per cento nel Mezzogiorno.

E’ il momento di un intervento forte e strutturale, se non si interverrà adesso, aumentando il numero delle donne che lavorano, valorizzando il talento di tantissime ragazze istruite e capaci, le conseguenze saranno drammatiche per il paese: aumenteranno le disuguaglianze, cresceranno le povertà, si faranno sempre meno figli. Le donne non possono continuare a rimanere ai margini del mercato del lavoro altrimenti l’Italia non ripartirà, non tornerà a crescere. Pertanto, serve uno scatto, servono investimenti, sgravi fiscali e contributivi stabili per favorire le assunzioni, strumenti e politiche condivise tra il governo, le Regioni, gli enti locali, le parti sociali.

Sappiamo che una donna su quattro lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio, soprattutto nel Sud. Il primo sforzo va fatto sui servizi sociali, a partire dagli asili nido pubblici. Non è possibile che a cinquant’anni dalla loro istituzione il 12 per cento dei bambini non vi trovi spazio, con una situazione da terzo mondo soprattutto nel Mezzogiorno. E poi serve più contrattazione per favorire la stabilizzazione delle donne e dei giovani, come prevede anche il Next Generation Eu, eliminando quel gender gap che penalizza nel nostro paese ingiustamente tante donne.

Con il Recovery Plan abbiamo le risorse finalmente per una svolta sul lavoro, puntando sugli investimenti, sulla digitalizzazione, sulla transizione ecologica, sulla green economy. Risorse ingenti, forse irripetibili, che devono creare le condizioni affinché donne e giovani possano entrare e restare stabilmente nel circuito produttivo. Insieme, dobbiamo attuare in modo partecipato il Pnrr, affrontare la stagione delle riforme, costruendo un grande piano per il lavoro e l’unificazione del Paese. È il momento di avviare finalmente la stagione della partecipazione e della democrazia economica attraverso un nuovo e moderno patto sociale per la crescita, lo sviluppo e il lavoro.

@MComberiati
Portavoce Alleanza contro la povertà campana

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