A chiarirlo la circolare emanata ieri sera dal capo di gabinetto del Viminale Bruno Frattasi
In Italia ogni nuova norma crea confusione, attrito, contrapposizione. Quelle legate all’emergenza da Covid-19 ancor più delle altre. Dal lockdown del marzo 2020 all’istituzione dell’obbligo del green pass per accedere alla maggior parte dei luoghi al chiuso. E qui nuova polemica. C’è la linea di chi è favorevole a far controllare i propri documenti dai gestori dei luoghi dove è necessario accedere con la carta verde e la fazione degli strenui difensori della privacy. Salvo poi acquistare green pass falsi su Telegram e registrarsi su ogni piattaforma social possibile. Questa seconda fazione sostiene che i ristoratori, così come altre categorie professionali, non possono controllare i documenti perché non sono pubblici ufficiali. Non sono pubblici ufficiale neanche le hostess all’imbarco in aeroporto e nemmeno chi si occupa dell’accoglienza in albergo. Eppure a questi lavoratori nessuno si sogna di negare il documento di identità per il controllo.
Il ministro dell’Interno Lamorgese nei giorni scorsi era andata verso la seconda fazione. Ma una circolare emanata ieri sera dal capo di gabinetto del Viminale Bruno Frattasi ha chiarito. Non solo gli avventori dovranno mostrare il green pass, ma anche dimostrare la «propria identità personale mediante l’esibizione di un documento». Tradotto: per le attività per cui è previsto l’obbligo di green pass i clienti dovranno mostrare la carta d’identità. Tra i professionisti individuati anche «il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi», quindi anche gli steward.
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