I detenuti potranno essere impiegati nei lavori di pubblica utilità nei musei grazia all’accordo tra il ministro della Cultura e il ministro della Giustizia
Uno dei primi articoli pubblicati alla nascita di dalSociale24 nel dicembre 2018 raccontava la storia di Seikou Drammeh, un richiedente asilo di nazionalità gambiana che, grazie al progetto Sprar gestito dalla cooperativa Solidarci di Caserta, è stato tra i protagonisti del primo tirocinio in assoluto attivato presso un bene monumentale, ovvero la Reggia di Caserta. Il museo campano è stato uno dei pionieri dell’inclusione e dell’accoglienza. E sarà tra i luoghi che presto accoglieranno i detenuti nei lavori di pubblica utilità. Una possibilità che si è creata grazie all’accordo siglato ieri tra il ministro della Cultura, Dario Franceschini, ed il ministro della Giustizia, Marta Cartabia.
Sono 52 i siti culturali che fanno da apripista al nuovo progetto. 102 le persone che beneficeranno di questa pena alternativa. Si tratta di persone imputate per reati per i quali è prevista una pena di massimo quattro anni. Come il danneggiamento di beni culturali. Quale occasione migliore di quella di doversi prendere cura di un museo per capire e riparare all’errore, al reato commesso. Un numero esiguo rispetto al totale dei messi alla prova che in Italia oggi sono 23.700. Di questi 8.600 svolgono lavori di pubblica utilità, tra i quali, da oggi, anche la cura dei musei.
«Esporli all’arte è un atto di grande civilità», ha detto il ministro Cartabia, auspicando che intese di questo genere possano coinvolgere a breve anche altri ministeri. «Sono tanti i luoghi della memoria e della bellezza messi a disposizione, in nome di una piena collaborazione a un’idea lanciata dalla ministra Cartabia. Sono convinto che l’applicazione di questo istituto nei siti culturali darà riscontri positivi», ha aggiunto Dario Franceschini.
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