Per il presidente del Comitato italiano paralimpico Pancalli «è urgente cambiare il nostro sistema di welfare che da assistenzialistico diventi attivo»
Sul piano sportivo quest’anno l’Italia ha spesso messo dietro gli atleti delle altre compagini nazionali. Anche alle Paralimpiadi di Tokyo i nostri colori sono stati difesi alla grande. Sono state 69 le medaglie conquistato dagli azzurri. Questi trionfi sono il frutto di allenamenti e terapie specifiche. Allenamenti che, in taluni casi, rafforzano o addirittura possono sostituirsi alle terapie riabilitativa. Una pratica che si chiama SporTerapia. Istituire discipline sportive per persone con disabilità è sicuramente utile in termini pratici, in quanto anche la componente psicologica ha una forte rilevanza. Anche sul piano sociale Un modo per ricostruire se stessi, ritrovare la propria autonomia.
Tra le malattie sulle quali influisce maggiormente lo sport ci sono la depressione, il diabete, l’ipertensione. Chiaramente per ogni patologia è indicata una pratica sportiva diversa. E ad indicarla devono essere dei professionisti, come gli stessi terapeuti. Ma ci sono diverse altre malattie che possono essere sostenute dallo sport. Lo studio realizzato dall’Anpis ha rivelato che la vela aiuta le condizioni di vita dei soggetti con disturbi mentali e riduce la medicalizzazione e la spesa sanitaria locale. Le urgenze psichiatriche sono state abbattute del 70 per cento. Il miglioramento della qualità della vita percepito dai pazienti è stato del 100 per cento. E può favorire l’inclusione delle persone con disabilità. Come hanno insegnato gli eventi Vela&Psiche organizzato pochi giorni fa ad Ancona, Montenero in Vela, organizzato dal giornale online Non Solo Nautica, od il progetto Ingegnamoci a Cagliari.
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La società civile, le organizzazioni di volontariato, lo stesso sistema socio-sanitario privato sono avanti rispetto al pubblico. I dati snocciolati qui dovrebbero spingere le istituzionali nazionali ad investire su questo fronte. Invece la maggior parte delle persone con disabilità non hanno la possibilità di pratica sport neanche a livello amatoriale. Escludendo gli ultra sessantacinquenni, oltre un milione di persone con disabilità potrebbero essere interessate a svolgere attività fisica. Per il presidente del Comitato italiano paralimpico, Luca Pancalli, «è urgente cambiare il nostro sistema di welfare che da assistenzialistico diventi attivo per supportare e stimolare lo sport quotidiano come parte integrante del percorso di riabilitazione e di benessere».
@ciro_oliviero