L’anno che sta per terminare cominciava con una lettera di Carmela Sermino, vedova DI Giuseppe Veropalumbo, che annunciava ai media la riapertura delle indagini sul caso di suo marito, il carrozziere trentenne ucciso a Torre Annunziata la sera del  31 dicembre 2007 da un proiettile vagante. Dopo una telefonata del primo dirigente del Commissariato di Polizia di Torre Annunziata, Vincenzo Gioia, Serminio pensò di dare notizia con la speranza di giungere alla verità. Eppure nonostante siano passati tantissimi anni, sebbene l’arma sia stata trovata, non esiste ancora un colpevole.

Quella maledetta sera Giuseppe aveva in braccio la figlioletta Ludovica di 18 mesi quando fu colpito al cuore. Il proiettile lo raggiunse in pieno petto mentre seduto a tavola in attesa della mezzanotte. Inutile la corsa verso l’ospedale di Boscotrecase. Il giovane carrozziere morì di lì a poco.  Il giorno dopo, alle spalle del palazzo, nel quadrilatero dove  abitano diversi appartenenti al clan Gionta, furono trovati molti bossoli di armi  che utilizzano i clan della camorra.  Nonostante le indicazioni di qualche collaboratore di giustizia, non si è mai arrivato ad individuare l’assassino di  Veropalumbo.

La battaglia di Carmela non si è fermata un solo giorno, e per dovere morale verso sè stessa, sua figlia, e suo marito ogni anno lancia un monito a tutti: quello di non sparare. Quest’anno la vedova Veropalumbo si è rivolta anche a dalSociale24.it

“Siamo ormai prossimi alla notte che precede il nuovo anno. Desidero lanciare un messaggio d’amore a chi vive al di fuori della legge e dei principi cristiani: non è mai troppo tardi per cambiare, la vita è troppo breve per essere sprecata cosi. Salutate il nuovo anno con un’unica detonazione: stappando una bottiglia di spumante con i vostri cari. A me, a mia figlia, una mano criminale ha impedito di poterlo fare con mio marito, con il papà per il resto della vita. Oggi sorridendo vi dico: pensate a quello che fate non distruggere in un attimo la vita di intere famiglie. Un atto criminale troppo balordo per essere digerito da qualsiasi coscienza”.

Carmen Cretoso