Nessuno poteva immaginarlo, e nemmeno lei ed il suo amore italiano, che i timori raccontati da Alessia P.M. dai palchi del gay pride di Milano, non fossero altro che l’amara verità che avrebbe dovuto ingoiare sei mesi dopo.
«Non volete i clandestini? Dateci il permesso di soggiorno», gridava la donna peruviana transgender, in una Milano rabbiosa per quei diritti ancora una volta calpestati, ma unita nonostante il caldo afoso del mese di giugno scorso.

Eppure, lo scorso venerdì 30 dicembre la ragazza senza permesso di soggiorno ma in attesa di conoscere gli esiti del suo ricorso e di unirsi civilmente con il suo fidanzato italiano, è stata messa su un aereo dalla Questura di Milano. Roma, San Paolo, Panama, Lima. Queste le tappe della fine di un sogno e di una battaglia intrapresa da tempo.

La coppia stava aspettando dal Comune di Roma ,ultima residenza di lui, i documenti per mettere in atto l’unione civile in Lombardia. Dal commissariato di polizia di Cinisello, Alessia è stata trasferita negli uffici di via Fatebenefratelli a Milano.

Cosa sia successo nelle 24 ore successive resta un mistero per tutti, anche per il compagno di Alessia che ha conosciuto gli spostamenti della donna che ama grazie alle informazioni di un amico immigrato rimpatriato sugli stessi voli. Di ufficiale si ha notiazia di una telefonata ad un’operatrice del Naga, l’associazione che cura la sua posizione in Italia ,e di un contatto formale col suo avvocato, Daniela Vigliotti.

Il resto è solo il ricordo di quell’acceso dibattito di giugno quando Alessia, al gay pride si raccontava: « Io ho conosciuto la strada dopo aver lavorato per un breve periodo come badante, che è stato il mio unico lavoro in questo paese. Ho sempre fatto di tutto per realizzare il mio sogno di frequentare l’università e di avere una vita normale, ma non ho mai avuto una vera possibilità. Ho persino dormito in strada perché per una persona transgender è molto difficile trovare una casa e delle altre soluzioni. In Italia tutto ciò nella mia condizione non posso averlo, tre volte discriminata perché sono donna, transgender e immigrata. Dicono che noi stranieri veniamo per rubare e non fare niente, ci chiamano clandestini, e con questo nome vi spaventano, come se noi fossimo dei criminali, ma nessuna e nessuno di noi vuole essere irregolare! Il permesso di soggiorno è indispensabile per avere una vita sicura e tranquilla, eppure le leggi di questo paese rendono impossibile averlo, e ci costringono a vivere sempre nella paura».

Dal diritto alla salute, al diritto ad una casa, dal rispetto per le minoranze sessuali, umane, economiche. Alessia incarnava, quel giorno, tutte le battaglie che una Italia civile avrebbe dovuto portare avanti fino alla risoluzione dovuta. Una Italia che è stata impacchettata e rispedita al mittente, in quel luogo esatto dal quale Alessia scappava. E dove come un oggetto è stata ricondotta.

Carmen Cretoso