Ma non sempre è così facile poterlo fare, perché la mobilità integrata in alcune zone d’Italia è ancora un miraggio, come avevamo anticipato
In occasione della Settimana Europea della Mobilità Sostenibile dello scorso novembre, Legambiente ha lanciato una gara di mobilità sostenibile. La campagna Giretto d’Italia ha assegnato il titolo di campione di ciclabilità urbana a Padova con 6.856 cittadini che hanno scelto questa strada. In concomitanza diverse Regioni hanno messo a disposizione incentivi per favorire l’avvicinamento dei cittadini a scelte di mobilità consapevoli, anche in funzione del miglioramento della qualità ambientale e della salute collettiva. Come la Campania, che ha lanciato il progetto Bike to work.
Ma a favorire la mobilità sostenibile sono anche le stesse aziende. Il primo esempio virtuoso in tal senso è stato registrato in Valtellina, dove la Bermec di Talamona, in provincia di Sondrio, ha favorito un piano che incentiva i dipendenti all’utilizzo della bicicletta per gli spostamenti da casa a lavoro. Un percorso che è stato intrapreso anche da diversi Comuni, tra i quali Parma. La città emiliana ha lanciato la terza edizione del Bike to work con un incentivo mensile di 50 euro a chi pedala per andare a lavoro, attraverso gli incentivi messi a disposizione dalla Regione Emilia-Romagna. Alla manifestazione di interesse al primo anno avevano aderito 17 aziende. 43 al secondo.
Ma non ovunque è tutto rose e fiori. In altri territori, nonostante gli incentivi che sono stati messi in campo non è facile andare in bici. Come a Napoli. Lo scorso ottobre, la presidente di Cleanap, Emiliana Mellone, aveva evidenziato le carenze infrastrutturali e sul piano della sicurezza per ciclisti e pedoni. Su un piano più ampio era stato l’ingegnere Salvatore Di Dio, Managing director di Push, organizzazione che si occupa di innovazione urbana, a tracciare la linea sui cambiamenti che avrebbe dovuto subire la mobilità più in generale nella fase 2 dell’emergenza. Un appello rimasto inascoltato.
@ciro_oliviero