Nel capoluogo campano l’accoglienza ha vinto
Non solo Odigia, Victor, Ouro e Amodou. In provincia di Caserta il modello Sprar ha funzionato, eccome. Almeno 470 i tirocini attivati tra undici comuni di Terra di Lavoro, come certifica il rapporto annuale del Servizio Protezione Rifugiati. Oltre 40 quelli gestiti dalla coop Solidarci, presieduta da Mara Vitiello, tra i soggetti promotori del progetto “Accolti e Attivi”, che vede anche l’Arci di Angelo Ferrillo in prima lena. E soprattutto non solo giardinieri. Ma anche cuochi, pizzaioli, operatori sociali, addetti alla manutenzione degli impianti. E poi ancora operai agricoli, addetti alla separazione dei rifiuti, installatori di infissi e serramenti. Figure professionali al servizio – ovviamente a costo zero – di enti pubblici. Comuni in primis, ma anche musei (vedi la Reggia) e caso unico in Italia, scuole. Stiamo parlando del V Circolo del Parco degli Aranci. Qui troviamo all’opera Alassane Sow, di 22 anni. Il suo sogno è diventare avvocato. Per ora ha in tasca un diploma di terza media. E tra un lavoro e l’altro continua a studiare. C’è poi Kone Sonta Lassina. Anche lui insegue un sogno: lavorare nel terzo settore, e magari aiutare chi arriva in Italia in cerca di asilo politico. Sono una sorta di avanguardia. Presto altre scuole apriranno le loro porte ai rifugiati. La loro esperienza però ne ricorda un’altra. Si chiama Pedibus, e da oltre dieci anni è gestito dal Centro Sociale ex Canapificio. Si tratta di un progetto gratuito di mobilità sostenibile che prevede l’accompagnamento a piedi dei bambini nel tragitto casa-scuola e ritorno, organizzato come una linea di autobus con percorso e fermate prestabilite, e che coinvolge la comunità locale e i beneficiari Sprar come volontari. Almeno due volontari accompagnano i bambini a scuola seguendo percorsi predeterminati e facendo fermate fisse (della durata di due minuti) come una classica linea di autobus. In tutto il tragitto i beneficiari sono responsabili dei bambini loro affidati e hanno il compito di accompagnarli, aiutarli ad attraversare e congedarsi al capolinea. Un’esperienza che potrebbe essere mutuata in altre decine di comuni italiani. Come “Accolti e Attivi” e tante altre iniziative che si sono svolte nella terra dove appena due lustri fa si sparava a vista al “nero”. La strage di San Gennaro è ancora una ferita aperta. Ma c’è chi si è rimboccato le maniche e ha provato a voltare pagina. Costruendo la vera integrazione. Quella targata Sprar. Quella che ora il Decreto Sicurezza spazza via con un colpo di spugna.
Giovanni Ferretti
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