Oltre a chiedere corridoi umanitari, Acli ha lanciato una raccolta fondi a favore dei programmi di prima accoglienza e messo a disposizione delle strutture
La situazione che si è venuta a creare in Afghanistan dalla presa del Paese da parte dei talebani circa un mese e mezzo fa ha visto una copiosa partecipazione a livello internazionale. Anche l’Italia sta facendo la sua parte. Soprattutto grazie all’apporto di alcuni privati, tra cui ong che già lavorano nel Paese, altre che si sono rese disponibili in queste settimane. E ancora da parte di cooperative, associazioni, liberi cittadini pronti ad accogliere i migranti, gli sfollati. Come nel caso del progetto Una stanza per una donna afghana. O la riconversione nello stesso Paese asiatico delle Pink Shuttle di Kabul in strutture mobili di emergenza. Fino all’accoglienza a Milano della fondazione Progetto Arca.
In queste ore si sono mobilitate anche le Acli, rilanciando il loro appello alle istituzioni nazionali e sovranazionali affinché vengano organizzati dei corridoi umanitari per salvare più vite possibile e per garantire un futuro alle donne e agli uomini di una terra martoriata. Al contempo l’organizzazione ha lanciato con Ipsia una raccolta fondi a favore dei programmi di prima accoglienza. Oggi, su oltre 10 mila rifugiati ufficialmente censiti, gli afgani, dopo i pakistani, sono il secondo gruppo per numero di presenza. Numero destinato a salire data la situazione nel paese.
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Acli ha inoltre organizzato un’accoglienza diretta, ospitando in strutture proprie famiglie di afgani. Dalla prossima settimana saranno messi a disposizione, anche da altre organizzazioni partner, i primi alloggi. In seguito, anche la rete interna dei servizi promuoverà interventi di seconda accoglienza al fine di assicurare la tutela, la promozione e il riconoscimento dei diritti di queste persone.
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