438 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza contro sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali, dipendenti della Pa, registrati da Avviso Pubblico in tutto il Paese nel 2021. Un leggero calo (-6%) rispetto all’anno precedente, in cui furono 465 gli atti intimidatori. Cala del 5 per cento anche il numero dei Comuni interessati, che passano da 280 a 265. Il 20 per cento di questi però in un passato più o meno recente sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose. Sono 57 i Comuni che rispondono a questa caratteristica. La Campania resta – per il quinto anno consecutivo – la regione in cui sono state registrate il maggior numero di intimidazioni, con 72 casi, nonostante un calo del 15 per cento rispetto al 2020.

Seguono Sicilia con 51 casi, Calabria (45), Lombardia (43), Puglia (41). Crescono i casi anche nel centro nord, con il Veneto che fa registrare 39 casi (+30% sul 2020). Ed ancora Lazio (26 casi), Piemonte (25), Toscana (20) ed Emilia-Romagna (13). Per quanto concerne le province resta prima quella di Napoli, che ha fatto registrare 45 casi. Seguono Reggio Calabria (20 casi), Cosenza (19), Venezia (18), Milano, Torino e Salerno (17), Foggia (16), Roma e Palermo (13).

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La presentazione del rapporto Amministratori sotto tiro si è conclusa con l’intervento del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. «Gli atti intimidatori contro gli amministratori locali sono la negazione dei principi democratici. Un atto intimidatorio a un amministratore locale non ha una sola vittima ma attenta al nostro vivere civile, alle nostre comunità, alla rappresentanza politica delle istituzioni. Il ricorso alla violenza intimidatrice è sempre da ripudiare, in ogni sua forma», ha detto la Lamorgese. Per l’ex prefetto la situazione «può essere efficacemente affrontata solo con un’azione sinergica di tutte le istituzioni coinvolte».

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