Lo ha detto il presidente della commissione regionale antimafia, Claudio Fava, a margine della relazione approvata dalla Commissione antimafia regionale
La legge Rognoni-La Torre introduce nell’ordinamento italiano il sequestro e la confisca dei beni ai mafiosi. Una svolta epocale quella sancita il 13 settembre 1982 dal Parlamento italiano. La legge n. 646 sulle disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ha permesso in quasi 40 anni un rafforzamento della lotta alla mafia. E la nascita di centinaia di imprese sociali all’interno dei beni confiscati negli ultimi 25 anni. Dall’approvazione della legge n. 109 del 7 marzo 1996 per l’uso sociale dei beni confiscati. In Italia sono circa 35 mila i beni confiscati alle mafie. L’ultima relazione dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati evidenzia che la metà è stata affidata. Circa 11 mila restano ancora nel patrimonio indisponibile dei Comuni in cui sorgono le proprietà.
In alcune regioni i numeri sono ancora più bassi. Come in Sicilia, dove proprio ieri la Commissione antimafia regionale ha approvato la
relazione conclusiva sui beni sequestrati e confiscati alla mafia in
Sicilia. Su 780 imprese definitivamente confiscate solo 39 sono attive. Per quanto riguarda quelle “destinate”, solo 11 su 459 non sono state poste in
liquidazione. Per l’Antimafia dell’Ars questi numeri sono dettati anche dalla poca sinergia istituzionale fra i soggetti coinvolti. Dalla mancanza di un reale sistema di sostegno alle imprese confiscate. Troppi i beni immobili
risultano ancora occupati da coloro a cui erano stati confiscati.
«Il rischio è che lo Stato, e con lui l’intera comunità nazionale,
perda la sfida lanciata alla mafia da Pio La Torre e Virginio Rognoni
con la legge che porta il loro nome: i numeri sono impietosi e parlano
di un tasso altissimo di mortalità delle aziende confiscate e una
percentuale ancora insufficiente di riuso dei beni immobili
confiscati», ha detto il presidente della commissione regionale antimafia, Claudio Fava. «La disciplina sul sequestro e la confisca dei beni
alle mafie pretende, subito, un investimento di volontà politica e di
determinazione istituzionale che fino a ora non c’è stato. Insomma, un
sistema da ripensare», ha aggiunto Fava.
@dalsociale24