Fra poco più di 2 mesi ricorreranno i 25 anni dall’approvazione della legge n. 109 del 7 marzo 1996 per l’uso sociale dei beni confiscati
Il 13 settembre 1982 il parlamento italiano approva la legge n. 646 sulle disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale porta il suo nome. Sarà conosciuta come legge Rognoni-La Torre. Quest’ultimo era stato infatti il primo firmatario di una proposta di legge che introduceva il reato di associazione mafiosa e il sequestro dei beni ai mafiosi. E per questo era stato ucciso, assieme al suo collaboratore Rosario Di Salvo, il 30 aprile di quello stesso anno. A quasi 40 anni dall’entrata in vigore di quella legge Libera fa un bilancio della situazione dei beni confiscati.
In Italia sono circa 35 mila i beni confiscati alle mafie. Di questi la metà è stata affidata ad associazioni, cooperative, riutilizzata per ospitare uffici comunali o sedi delle forze dell’ordine. Un numero importante. Ma altrettante (circa 11mila) restano ancora nel patrimonio indisponibile dei Comuni in cui sorgono le proprietà. Le motivazioni dietro alla mancata assegnazione definitiva dei beni sono molteplici. Dalle quote indivise alle irregolarità urbanistiche. Dalle occupazioni abusive alle condizioni strutturali precarie. E poi c’è l’inadempienza. L’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati ha calcolato che sui circa 6mila beni consegnati ai Comuni nel 2019 meno della metà (2.600) è stata riutilizzata.
Fra poco più di 2 mesi ricorreranno i 25 anni dall’approvazione della legge n. 109 del 7 marzo 1996 per l’uso sociale dei beni confiscati. A quella legge poi ne sono seguite anche diverse regionali in materia di beni confiscati. Pochi mesi fa l’Anbsc ha emanato un bando per l’assegnazione diretta dei beni immobili agli enti del terzo settore. Per il fondatore di Libera, don Luigi Cotti, il bando, che scadrà il prossimo 14 gennaio, «può rappresentare un’importante opportunità». Per don Ciotti l’assegnazione dei beni confiscati potrebbe essere una risposta alla pandemia «se tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettività e le politiche sociali diventassero una priorità politica a sostegno dei diritti all’abitare, alla salute pubblica, alla sostenibilità ambientale, al lavoro dignitoso ed ai percorsi educativi e culturali».
In questo senso l’associazione propone di estendere ai corretti le norme su sequestri e confische, promuovere una maggiore diffusione delle esperienze di riutilizzo anticipato dei beni con le assegnazioni provvisorie. Ed ancora di attribuire all’Agenzia nazionale competenze e professionalità tali da poter adempiere pienamente e senza ritardi a tutte le funzioni ed avere una completa trasparenza si tutte le informazioni sui beni confiscati.