Costretti a raccogliere arance e mandarini 7 giorni su 7 per un euro a cassetta
Gli uomini dell’arma dei carabinieri di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a 29 ordinanza di custodia cautelare contro altrettante persone ritenute responsabili, a vario titolo, di intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro, favoreggiamento, sfruttamento della prostituzione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Undici di queste sono italiane.
Un’operazione contro il caporalato partita nel luglio 2018 a seguito della denuncia di un bracciante agricolo senegalese. Da quella denuncia è partita l’indagine della Procura di Palmi che è riuscita a scardinare la rete di sfruttamento dei migranti della tendopoli che sorge a poche centinaia di metri dal porto di Gioia Tauro. Nell’inchiesta sono coinvolte diverse aziende agricole compiacenti all’azione dei caporali.
Arance e mandarini. Questi i frutti che i migranti erano costretti a raccogliere 7 giorni su 7. Si spaccavano la schiena per un euro a cassetta. I lavoratori, precari e a nero, riuscivano a guadagnare massimo 2 o 3 euro all’ora.
Intervenuto ai microfoni di microfoni di Vatican News il direttore della Caritas della diocesi di Oppido-Mamertina, Vincenzo Alampi, ha detto che «noi della Caritas vogliamo riproporre il modelli Drosi, un paese in provincia di Reggio Calabria, dove la Caritas si fa garante della case affittate agli immigrati».
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