La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per aver trattato in modo inumano un detenuto con gravi problemi psichiatrici
Nell’estate del 2018 Giacomo Seydou Sy fu arrestato con le accuse di furto, molestie nei confronti dell’ex compagna e resistenza a pubblico ufficiale. Il giovane soffriva di turbe della personalità e bipolarismo. Nonostante questo la detenzione preventiva gli viene fatta scontare nel carcere di Rebibbia a Roma, mentre avrebbe dovuto passarla in un Rems. Alla condanna gli vengono assegnati gli arresti domiciliari, ma Seydou li viola. Il giudice lo rimanda a Rebibbia, dove trascorre due anni. Nell’aprile del 2020 la Corte europea dei diritti umani ne aveva chiesto la liberazione. All’epoca era in attesa di un ricovero presso una residenza di esecuzione di misura di sicurezza.
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A distanza di quasi ulteriori due anni la Cedu ha condannato l’Italia per aver trattato in modo inumano un detenuto con gravi problemi psichiatrici, tenendolo in prigione anziché assicurarlo alle cure mediche. I giudici di Strasburgo hanno evidenziato la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea, oltre ai commi 1 e 5 dell’art. 5 sul periodo di detenzione illegittima e sul mancato riconoscimento del diritto al risarcimento. Ed ha inoltre decretato la violazione del comma 1 dell’art. 6 relativo al diritto ad un processo equo e l’art. 34 che disciplina il diritto di ricorso individuale. La sentenza ha stabilito Giacomo Seydou Sy dovrà essere risarcito con 36.400 euro per danni morali.
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