Nella casa circondariale partenopea partiranno a breve i lavori per la creazione di uno spazio dedicato alle iniziative artistiche e culturali
Promuovere nelle carceri italiane il recupero o la creazione di luoghi in cui sia possibile fruire della cultura, dello studio e dell’arte. Questo il percorso che hanno messo in campo il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli e l’associazione Virus teatrali. Il progetto Coltivare cultura è coltivare nuova vita l’iniziativa è partita ieri nel carcere di Poggioreale a Napoli. Proprio nella casa circondariale partenopea, come ha sottolineato il direttore Carlo Berdini, partiranno a breve i lavori per la creazione di uno spazio multifunzionale dedicato alle iniziative artistiche e culturali.
Le carceri di Opera, Bollate, Volterra hanno già avviato percorsi che vanno in questa direzione. «Non sono poche le eccellenze nel campo delle iniziative teatrali in ambito carcerario, ma una grossa percentuale di essi è ancora priva di qualunque luogo di fruizione culturale ove detenute e detenuti possano studiare, informarsi, assistere a proiezioni o partecipare a recite teatrali e prendere conoscenza dei mestieri collegati all’arte e alla cultura in generale. Noi stessi abbiamo qualche difficoltà a promuovere il nostro decennale concorso Cinema in Libertà che offre ai detenuti la possibilità di giudicare opere cinematografiche provenienti dal nostro festival», ha sottolineato il direttore di Cinema e Diritti, Maurizio Del Bufalo.
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Alla presentazione dell’iniziativa Coltivare cultura è coltivare nuova vita erano presenti, tra gli altri, il Garante Nazionale delle persone private della libertà, Mauro Palma, il regista Giovanni Meola, Giannino Durante, papà di Annalisa (vittima innocente della Camorra) e animatore della biblioteca di Forcella, la co-presidente di Un ponte per, Angelica Romano, i genitori di Mario Paciolla. «È partito così da Napoli – ha concluso Del Bufalo – un percorso che attraverserà tutto il Paese per ricordare che cambiare il carcere è possibile, anche partendo da piccole scelte locali che garantiscano una maggiore umanità e determinazione nella rieducazione di detenuti e detenute».
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