L’intervista al presidente della cooperativa sociale Se.Po.Fa., Roberto Malfatti, a seguito dei recenti fatti di cronaca verificatesi a Ponticelli
Tre feriti e la detonazione di una bomba. Tutto nell’arco di una settimana. Ponticelli è tornato ad essere uno tra i quartieri col la più alta escalation criminale. Come più in generale l’area orientale di Napoli. Area però fervida di organizzazioni che lavorano in capo sociale. Tra queste la cooperativa sociale Se.Po.Fa., che lavora soprattutto nell’educazione dei giovani del territorio. Abbiamo intervistato il presidente, Roberto Malfatti.
La camorra a Napoli est, come in altre aree della città, non si è mai fermata. L’escalation di azioni criminali dell’ultima settimana però non si registrava da prima della pandemia. Come legge questo segnale?
«La geopolitica della camorra su questo territorio cambia con il passare del tempo. Cambiano le piazze di spaccio, cambiano i reati, cambiano i personaggi coinvolti. I fatti degli ultimi giorni, parliamo di due morti, un ferito e una bomba, devono far aprire gli occhi a chi pensava che questo quartiere si fosse magicamente liberato da ogni logica criminale e dai fatti del 2018».
Subito dopo i fatti di cronaca una parte delle istituzioni e gran parte della società civile si è mobilitata. Manca però una presenza importante del governo centrale. Questo può accrescere la presenza ed il peso dei clan nella quotidianità di Ponticelli?
«Esistono varie forme di governo, non solo quello centrale. Per qualche forma di retaggio culturale siamo abituati a pensare che il Governo sia presente solo a Roma. Non è così. Le Regioni e le amministrazioni locali hanno un compito importantissimo nei confronti dei cittadini, delle associazioni e delle cooperative che operano sui territori. I clan vanno contrastati facendo rete, lavorando sul piano culturale, creando alleanze educative soprattutto tra sociale, terzo settore e istituzioni pubbliche».
In rete con altre realtà del territorio portate avanti diverse attività volte al recupero dei ragazzi dell’area orientale di Napoli. Quanto è importante non abbassare la guardia sulle nuove generazioni e quanto è difficile portare avanti questo impegno con le restrizione dovute all’emergenza da Covid-19?
«Con le scuole lavoriamo molto sull’educazione alla bellezza. Siamo convinti che la vera rivoluzione debba passare dai ragazzi toccando le corde della rigenerazione urbana e culturale. Il Covid-19, al di là delle restrizioni del caso, ci sta facendo capire l’importanza degli spazi e di quanto dobbiamo averne cura. Con il progetto Socializziamo in Biblioteca, ad esempio, stiamo lavorando proprio su una nuova concezione di spazi e di vivere la Biblioteca. Da pochi giorni è terminato un corso di editoria on line e sono partiti diversi corsi di lingua tra cui spagnolo, francese e arabo, tutti completamente gratuiti. La speranza è che si possa tornare in presenza con la zona arancione per mettere in campo altre attività».
Negli ultimi anni le periferie di Napoli sono state dimenticate dall’amministrazione comunale. Nei prossimi mesi Napoli andrà al voto. Quale deve essere l’impegno del futuro sindaco di Napoli per le periferie della città?
«Rompere gli argini liberandoci dagli slogan sulle periferie. Non possono e non devono esistere più città in una, come in una sorta di matrioska sociale. Vanno affrontate con decisione le tematiche sociali ma soprattutto quelle ambientali che sono finite sotto il tappeto. Bonifica è un termine che deve assolutamente far parte del lessico del futuro sindaco perchè senza risanamento dei territorio non c’è futuro».
@ciro_oliviero
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