L’azienda etiope combatte la plastica realizzando buste di carta riciclata, dando lavoro principalmente donne non udenti
Le plastiche arrivano ovunque. Anche in Antartide. E sono molte le persone che cercano di combattere l’abbandono indiscriminato nell’ambiente. Da Myra Stals che percorre l’Italia in bici per raccoglierla ad Edmund Platt e Fréderic Munsch che hanno percorso a piedi la strada da Marsiglia a Parigi per raccogliere mascherine monouso. Nessun posto al mondo – o quasi – è salvo. Neanche il continente africano. In Costa d’Avorio Unicef e Conceptos Plasticos la riciclano per trasformarla in mattoni con cui costruire le scuole. E poi c’è chi la combatte, come l’azienda etiope Teki paper bags. Un’azienda all’avanguardia dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Alla Teki di Addis Abeba lavorano principalmente donne non udenti. 18 su 25 lavoratrici.
Teki significa sostituire. E queste donne intendono sostituire la plastica con la carta. Un’impresa faticosa, ma realizzabile. Ad oggi hanno già prodotto oltre un milione di sacchetti di carta riciclata a mano. L’azienda ha un ulteriore sopo sociale, ovvero creare un sistema salariale equo per tutti. L’azienda, inoltre, si muove su due direttrici. Quella espressamente imprenditoriale, che prevede la vendita dei sacchetti di carta alle grandi aziende. La seconda che prevede la distribuzione gratuita dei prodotti alle piccole imprese di donne. In tre anni hanno già distribuito 200mila sacchetti di carta gratuiti.
Teki è un luogo non solo di inserimento lavorativo, ma anche sociale. Come ha raccontato la giovane Zenit al giornale Addis Standard. «Unirsi a Teki non è stata solo una semplice opportunità per trovare un lavoro, è stato il luogo in cui lei ha autostima e senso di appartenenza. Voglio continuare la mia istruzione e desidero che Teki si espanda e abbia più membri del personale non udenti».
Stefano Malla