Il sogno di Falcone di esportare il modello del pool antimafia di Palermo su scala mondiale è diventato realtà
La criminalità organizzata non è un affare solo italiano. Non è un affare del solo Mezzogiorno del Belpaese. Le inchieste ed i fatti di cronaca degli ultimi anni hanno confermato quanto il giudice Giovanni Falcone aveva già visto negli anni ’80. Le mafie varcano i confini nazionali e continentali. Quelle nostrano sono presenti in molti Paesi del mondo. In Europa fanno affari importanti sia illecitamente che lecitamente.
Dopo quattro giorni di discussioni sul tema la Conferenza delle Parti sulla Convenzione Onu contro la criminalità transnazionale ha approvato all’unanimità la risoluzione italiana. La Convenzione di Palermo, ratificata nel 2000, è stato il primo strumento legislativo per contrastare le mafie sul piano transnazionale. Soprattutto sul piano economico. Proprio come Falcone voleva fare prima che la mafia lo uccidesse il 23 maggio 1992.
Tra le misure adottate nella risoluzione figurano innanzitutto quelli patrimoniali. Ovvero sequestri e confische dei beni ai mafiosi che in Italia è stata introdotto dalla legge 646 del 13 settembre 1982, conosciuta come legge Rognoni-La Torre. La risoluzione Onu prevede il riuso sociale dei beni confiscati, la costituzione di corpi investigativi comuni, la lotta al cybercrime ed ai reati ambientali.