A trent’anni dalle stragi del ’92 intervistato il giornalista Massimiliano Perna, che da anni si occupa di temi legati alle mafie
Quest’anno ricorrono i trent’anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio. Il 26 maggio e il 19 luglio sono due date indelebili nella storia di questo Paese. In questo giorno perdevano le vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Abbiamo chiesto al giornalista Massimiliano Perna cosa ci lasciano quelle stragi del ’92.
Per i 20 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio hai curato per Caracò l’antologia Dov’eravamo. Pagine che raccontano ciò che ha rappresentato quel momento storico. Lo chiedo a te: cosa ha rappresentato quel momento storico per l’Italia?
«Per me, come penso per chiunque abbia a cuore la giustizia e la democrazia, il periodo delle stragi ha rappresentato un passaggio storico decisivo nel contrasto alle mafie e ai loro complici. Un punto di non ritorno. Niente più alibi, niente più delega della lotta a chi ne diventava facilmente bersaglio. La reazione dei siciliani nel 1992 fu potentissima, trasformando quel movimento spontaneo siciliano in una irripetibile avanguardia antimafiosa italiana e mondiale».
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A trent’anni da quelle stragi ancora non abbiamo la verità. È una domanda difficile: la avremo mai?
«Non sono in grado di dire se la avremo mai, posso solo auspicarlo. Certo è che più passa il tempo e più i protagonisti di quell’epoca scompaiono meno facile sarà arrivarci. Di certo se lo Stato inizia a fare sconti ai boss con riforme come quella sull’ergastolo ostativo, difficilmente otterremo qualcosa da chi sa e tace ancora».
Rispetto al ’92, oggi, la mafia ha un rapporto di forza maggiore o minore con lo Stato?
«I rapporti di forza possono essere cambiati nella forma ma non nella sostanza. Il problema non è solo il rapporto tra mafia e Stato ma il poco spazio che si dedica all’argomento, al di fuori dalla nicchia degli interessati. E questo si traduce in una minore tensione morale da parte dei cittadini. Bisogna fare di più, perché i cittadini italiani, soprattutto in zone che a torto si ritengono non inquinate dalle mafie, sembrano addormentati o distratti. O peggio ancora indifferenti».