Cosa vogliono fare le sardine

Cosa vogliono fare le sardine

L’intervista alla sardina siciliana Massimiliano Perna

Giornalista freelance, siciliano, sardina. Sono queste le principali caratteristiche del 40enne Massimiliano Perna. Da sempre impegnato nel racconto dei temi sociali è una delle persone maggiormente esposte nelle ultime settimane nel giovane movimento nato in Emilia-Romagna.

Perna, le sardine sono un movimento nato dal basso, come accadde al M5S. Quale è la differenza di partenza con quell’esperienza?
«Il nostro movimento è molto diverso da quello dei 5S. Per tante ragioni. Innanzitutto perché il nostro non ha avuto alcuna regia dall’alto. Nel loro caso invece c’era una spinta da parte di Grillo, Casaleggio. Noi siamo nati in maniera spontanea da quattro ragazzi che hanno deciso di scendere in piazza per chiedere un cambio di rotta alla politica e per fermare l’avanzata sovranista in Emilia-Romagna. Noi non siamo un movimento antipolitico come si sono definiti i 5S specialmente nella loro prima fase, ma un movimento politico che chiede alla politica di cambiare. Noi siamo scesi in piazza per aiutare la politica a dare centralità ai temi importanti. E poi abbiamo un’area ben precisa. Non c’è gente di destra e di sinistra. La nostra è un’area di persone che si riconosce nell’antifascismo, nell’antirazzismo. Quindi va dalla sinistra fino al centro moderato, ma che si riconosce in certi valori».

I decreti sicurezza toccano vari temi. La vostra proposta è la cancellazione, non la modifica come hanno proposto alcuni esponenti della maggioranza.
«Noi siamo per la cancellazione dei decreti perché sono profondamente ingiusti sia per quel che riguarda i diritti dei migranti sia per altri aspetti. Ad esempio i decreti hanno una logica repressiva feroce per le libertà di manifestazione. Si accaniscono contro soggetti per i quali sarebbe necessario un intervento sociale prima che repressivo. E poi contengono anche una norma pericolosa, l’articolo 36 del primo decreto, quello diventato legge 132/2018, che prevede la possibilità di vendere i beni confiscati alle mafie, i beni mobili sotto i 400mila euro anche a privati. Vero è che cerca di potenziare l’Agenzia dei beni confiscati con assunzioni e concorsi, anche se sulle coperture finanziarie ci sono molti dubbi. Anche perché se si prevede di finanziarla vendendo dei beni e dunque cancellando il diritto di riuso sociale dei beni confiscati, si fa indirettamente un regalo alle mafie, perché in questo modo le mafie, al di là di tutti i paletti che si possono mettere, sono abili e attraverso società apparentemente pulite e prestanome possono riacquisire il bene».

Quali sono le vostre proposte in materia di accoglienza?
«Per quel che riguarda il nostro modello di accoglienza vogliamo delle leggi che non siano discriminatorie. Che mettano al centro i diritti. Perché soltanto riconoscendo diritti e cittadinanza a chi entra in questo Paese si possono attivare doveri e rispetto delle regole. Non ci riferiamo soltanto ai decreti sicurezza. Vanno cambiati anche quelle forme negative del decreto Minniti-Orlando. Va cancellata quella burocrazia cieca che fa sì che il permesso di soggiorno venga gestito sulla base di interpretazioni e non su norme certi. E questo ha portato molta gente ad uscire dalla regolarità. Quindi vogliamo che ci sia una legge chiara, ordinata, che garantisca i diritti alle persone. Una sanatoria sarebbe importante. Vogliamo dei canali di ingresso legali e ci vuole il coinvolgimento dell’Europa, la possibilità di poter accogliere chi fa richiesta di lavorare nel nostro Paese. Vogliamo una legge civile».

Anche la questione ambientale è molta ampia. Quali sono i punti principali sui quali state lavorando?
«All’ambiente abbiamo dedicato ampio spazio nei dialoghi che abbiamo avuto coi ministri Provenzano e Boccia e nel documento che stiamo predisponendo perché, specialmente al sud, a Taranto, al petrolchimico di Siracusa e in altre realtà, abbiamo chiesto a politiche che mettano insieme ambiente, salute e lavoro. Abbiamo proposto una conferenza da fare sia a Taranto che in altre zone ad alto impatto inquinante, per portare esperti che hanno già lavorato in situazione simili e hanno risolto i problemi per dare finalmente una soluzione a queste annose questioni coniugando sia le esigenze occupazioni sia le esigenze di salute dei cittadini. Abbiamo parlato di rinnovabili, green. Abbiamo chiesto che il sud, in particolar modo, divenga oggetto di politiche che spingono verso l’energia rinnovabile che possono produrre lavoro a impatto ambientale zero e quindi sostenere lo sviluppo sostenibile su cui dobbiamo puntare nei prossimi anni».

Quali proposte porterete alla due giorni del 14 e 15 marzo a Scampia?
«Scampia non è un luogo nel quale porteremo delle proposte. Porteremo i temi ai quali stiamo lavorando. Non solo decreti sicurezza, ma anche sud, lavoro, ambiente. E lì ci confronteremo e probabilmente da lì uscirà un piano delle prossime iniziative. Ma Scampia non è solo quello, è anche un luogo nel quale miglioreremo la nostra organizzazione, la nostra struttura interna dato che siamo nati in modo molto spontaneo. Ora dobbiamo metterci ai tavoli per lavorare in modo più ordinato e organico».

Ciro Oliviero

Redazione
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