L’analisi della segretaria della Cisl Napoli, Melicia Comberiati
Il lockdown e la pandemia hanno peggiorato la situazione delle donne che si sono ritrovate doppiamente isolate, con la difficoltà di chiedere aiuto. Le donne hanno fatto importanti passi avanti, nel campo dell’istruzione, superando anche gli uomini nei risultati scolastici, però, il mercato del lavoro italiano ad esempio è ancora caratterizzato da forti disparità di genere. In un paese in cui già il tasso di occupazione complessivo è molto basso rispetto ai partner Ue, il divario tra occupazione maschile e femminile resta elevatissimo, è maggiore la presenza nei contratti precari, è minore l’accesso alle figure apicali, è in aumento il fenomeno della sovraqualificazione, continua a crescere il part-time involontario.
Le donne lavoratrici italiane tra le più penalizzate in Ue. Ed ovviamente c’è anche un problema di gap retributivo, ma è solo una conseguenza di quanto detto sopra. L’impegno familiare, la scarsa disponibilità di servizi, l’inadeguatezza di strumenti di organizzazione del lavoro maggiormente flessibili, mettono le donne italiane tra le più penalizzate in Europa. Quello che di solito non si sottolinea è che a bassa occupazione femminile corrisponde un elevato numero di famiglie monoreddito ed un elevato numero di famiglie povere, nonché un basso tasso di natalità.
Molte le donne che lasciano il lavoro con la maternità. Da anni l’Ocse ci indica che se l’occupazione femminile raggiungesse i livelli di quella maschile avremmo un aumento del Pil pro-capite di un punto percentuale l’anno. Il governo deve investire su un vero piano di sostegno all’occupazione femminile, che sarebbe un potente volano per la crescita economica.
Sono cambiate le leggi. Ma non la cultura e la mentalità. Nel concreto le varie forme di violenza fisica, sessuale, verbale ed economica, non si sono mai estinte e restano una piaga della nostra società. Oggi, più che mai, serve uno sforzo per un cambiamento comune al fine di evitare un costo troppo alto di vite umane, di dolore e di sofferenza, così come un costo sociale che non possiamo più permetterci. Secondo l’ultimo rapporto Istat il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila).
Ha subìto violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,6% delle donne (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2% (855 mila) da partner attuale e il 18,9% (2 milioni 44 mila) dall’ex partner. La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in passato lo hanno lasciato proprio a causa della violenza subita (68,6%). In particolare, per il 41,7% è stata la causa principale per interrompere la relazione, per il 26,8% è stato un elemento importante della decisione. Il 24,7% delle donne ha subìto almeno una violenza fisica o sessuale da parte di uomini non partner: il 13,2% da estranei e il 13% da persone conosciute. In particolare, il 6,3% da conoscenti, il 3% da amici, il 2,6% da parenti e il 2,5% da colleghi di lavoro.
Le donne subiscono minacce (12,3%), sono spintonate o strattonate (11,5%), sono oggetto di schiaffi, calci, pugni e morsi (7,3%). Altre volte sono colpite con oggetti che possono fare male (6,1%). Meno frequenti le forme più gravi come il tentato strangolamento, l’ustione, il soffocamento e la minaccia o l’uso di armi. Tra le donne che hanno subìto violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, cioè l’essere toccate o abbracciate o baciate contro la propria volontà (15,6%), i rapporti indesiderati vissuti come violenze (4,7%), gli stupri (3%) e i tentati stupri (3,5%).
Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. Anche le violenze fisiche (come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera dei partner o ex. Gli sconosciuti sono autori soprattutto di molestie sessuali (76,8% fra tutte le violenze commesse da sconosciuti).
Le donne straniere hanno subìto violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita (31,3% e 31,5%). La violenza fisica è più frequente fra le straniere (25,7% contro 19,6%), mentre quella sessuale più tra le italiane (21,5% contro 16,2%). Le straniere sono molto più soggette a stupri e tentati stupri (7,7% contro 5,1%). Le donne moldave (37,3%), rumene (33,9%) e ucraine (33,2%) subiscono più violenze.
Le donne straniere, contrariamente alle italiane, subiscono soprattutto violenze (fisiche o sessuali) da partner o ex partner (20,4% contro 12,9%) e meno da altri uomini (18,2% contro 25,3%). Le donne straniere che hanno subìto violenze da un ex partner sono il 27,9%, ma per il 46,6% di queste, la relazione è finita prima dell’arrivo in Italia. Donne strappate alla vita senza distinzione di ceto sociale, di età anagrafica, di estrazione culturale.
Muoiono in quanto donne, madri, mogli, fidanzate, compagne o ex compagne. Muoiono proprio in nome di quell’amore che è forse la parola al mondo più abusata, malintesa, violata. In realtà muoiono per la mano di un sentimento patologico che con l’amore non hanno nulla in comune. L’immaginario collettivo vuole che gli autori delle violenze siano soggetti senza cultura, stranieri, pazzi. Invece l’80% degli autori di violenze sono proprio italiani insospettabili, uomini “per bene”, senza disturbi mentali.
Molte sono le donne che non denunciano, un po’ per vergogna, un po’ per la volontà di tenere in piedi a tutti i costi la famiglia soprattutto quando vi sono figli piccoli, per paura di non essere credute, o perché la scarsa autostima le porta a pensare che non possono riuscire a ricominciare. Alcune si trovano in situazioni di isolamento sociale, tagliano addirittura i rapporti con gli amici e parenti. Tantissimi i casi di violenza che non sono denunciati a causa della dipendenza economica. Sono donne prigioniere della violenza, quelle su cui pesa la doppia fragilità, quella della violenza subita e dell’assenza di prospettive lavorative. Le donne devono avere sicurezza nel presente e certezza nel futuro per vivere la propria esistenza con dignità e rispetto.
Sensibilizzare ed informare per combattere il silenzio assordante che ruota intorno alla solitudine di queste donne, la società non può continuare ad essere colpevole di questa terribile distrazione. Prevenire l’isolamento sociale delle donne, informare, sensibilizzare, e poi, puntare sulla conoscenza e sulla cultura. Nessuna tolleranza, non possiamo stare più a guardare. Dobbiamo pretendere un’altra realtà per le nostre donne, più umana e rispettosa, lontana dallo squallore delle violenze e delle sopraffazioni, questo è quello che noi dovremo lasciare ai nostri figli e alle generazioni future.
Melicia Comberiati
Segretaria Cisl Napoli