La cronaca degli ultimi giorni ci ricorda che l’Italia continua a fondarsi sul caporalato e la Puglia resta una delle regioni del Sud ad esserne maggiormente colpita. Una lunga storia di caporalato, di salario di piazza e evasione di ogni norma contrattuale, che viene da lontano e riguardava prima braccianti delle città e paesi italiani e che, dagli anni Novanta ha coinvolto anche le migliaia di operai agricoli stranieri che si riversano nella regione soprattutto in estate, nel periodo delle grandi raccolte.

Ecco perché abbiamo analizzato l’emergenza con Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia, che ha raccontato al nostro giornale quanto altrettanto vecchia sia la battaglia della Cgil contro un sistema basato sullo sfruttamento del lavoro fino a fenomeni di vera e propria riduzione in schiavitù.

«E’ un sistema che offende la dignità di migliaia di uomini e donne e contraddistingue un settore importante per la nostra economia come quello agroalimentare. La Puglia è tristemente conosciuta per condizioni di accoglienza spontanei, i famigerati ghetti», ci racconta Gesmundo ricordando le vittime. «Sedici soltanto la scorsa estate a causa delle insicure condizioni di trasporto garantite dai caporali. Morti anche nelle campagne, e proprio sulle denunce e le lotte in nome di Paola Clemente, la bracciante morta nelle campagne di Andria mentre era al lavoro in un vigneto, che è nata la legge 199 di contrasto al caporalato».

Gesmundo non ha dubbi, per sconfiggere la piaga del caporalato che macchia anche il Nord del nostro Paese va applicata in pieno la legge, ed a nulla serve intervenire solo sul piano repressivo. E dichiara a dalSociale24.it che si batterà per una legge sulla cittadinanza.

Carmen Cretoso