Attraverso l’iniziativa Una stanza per una donna afghana messa in campo a metà agosto dalla cooperativa sociale Il Melograno
I corridoi umanitari con l’Afghanistan ancora non ci sono. Le persone che sono riuscite a scappare dal Paese dopo la presa dei talebani lo hanno fatto con l’aiuto dei Paesi del contingente Nato che erano stato lì per 20 anni. Ed entro il 31 agosto. Dopo quella data c’è chi si nasconde. C’è chi attende un’altra occasione per lasciare il Paese. Chi è riuscito ad andare via è stato o è in attesa di essere accolto. A cominciare dalle donne. A loro si rivolge l’iniziativa messa in campo dalla cooperativa sociale Il Melograno, Una stanza per una donna afghana, lanciata a metà agosto. Dopo una settimana erano già oltre 200 le persone che avevano risposto presente all’appello mettendo a disposizione una stanza per una donna scappato dal fondamentalismo talebano. Oggi è stata superata quota 1300.
La maggior parte delle disponibilità è arrivata da Milano e dall’area metropolitana, dopo opera Il Melograno. Ma c’è chi si è reso disponibile anche da altre province della Lombardia ed altre città italiane. Un progetto che parla di integrazione. Molto più rapidamente di quanto avviene attraverso i centri accoglienza straordinaria gestite dalle Prefetture ed anche dei Servizi di accoglienza e integrazione, in capo agli enti locali. Chiunque voglia, può ancora aderire scrivendo a afghanistan@ilmelogranonet.it
L’accoglienza arriva anche da altre parti d’Italia. L’Istituto degli Innocenti di Firenze ha accolto la prima famiglia afghana in fuga dai talebani. Si tratta di una mamma con i suoi bambini.
@dalsociale24
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