77 di questi nomi sono proiettati dalle 17 di ieri pomeriggio – e fino a domattina – sui vetri della sede Rai di viale Mazzini
Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Marco Luchetta, Dario D’Angelo, Alessandro Ota. Italo Toni, Graziella De Palo, Mino Pecorelli, Raffaele Ciriello, Mauro De Mauro, Vittorio Arrigoni. E ancora Mauro Rostagno, Beppe, Alfano, Cosimo Cristina, Antonio Russo, Andrea Rocchelli. Sono tutti giornalisti. Lo sono stati. Sono giornalisti morti per il loro lavoro. Questi sono solo gli italiani. A questi si aggiungono i 27 uccisi in Europa solo negli ultimi 5 anni (più 37 casi dichiarati come impuniti). Dai dati del Rapporto Unesco di un anno fa risultano più di mille i giornalisti uccisi dal 2013. La maggior parte dei cronisti viene assassinata in contesti non di guerra. 9 casi su 10 restano impuniti.
77 di questi nomi sono proiettati dalle 17 di ieri pomeriggio – e fino a domattina – sui vetri della sede Rai di viale Mazzini. Una iniziativa della Rai, promossa dall’Usigrai d’intesa con la Fnsi in occasione della Giornata internazionale dell’impunità per i crimini contro i giornalisti che si celebra il 2 novembre. Indetta dall’Onu nel 2013 in memoria di due giornalisti francesi uccisi nel Mali nello stesso anno, giunge all’ottava edizione. Nel 2009 più di trenta giornalisti erano stati uccisi nel massacro di Maguindanao, nelle Filippine. L’attacco mortale contro giornalisti più grave della storia.
Già nel 1985 un giornalista era stato ucciso. Per mano della camorra, in Italia. Si tratta di Giancarlo Siani. Ma l’uccisione dei giornalisti arriva fino ai giorni nostri. Come nel caso di Daphne Caruana Galizia, uccisa da una bomba il 16 ottobre 2017. Tra questi nomi non figura quello di Mario Paciolla. Mario è morto il 17 luglio di quest’anno in Colombia, dove lavorava alla missione Onu per il reinserimento dei guerriglieri Farc. Per noi ricordare Mario è un dovere.
Ciro Oliviero