L’intervista alla senatrice della commissione Agricoltura, Gisella Naturale
L’emergenza sanitaria ha modificato anche l’approccio al comparto agricolo. E nel breve ci saranno ulteriori cambiamenti, a partire dal nuovo sistema di etichettatura dei prodotti alimentari. Il settore vive un periodo di transizione e di difficoltà. Con la senatrice della commissione Agricoltura, Gisella Naturale, abbiamo parlato delle politiche del governo in cantiere per il comparto agricolo e sul lavoro nero.
Senatrice, negli ultimi giorni tiene banco la polemica sul famigerato Nutri-Score, il sistema di etichettatura dei prodotti alimentari. Un argomento molto complesso riguarda tutti noi. Perchè il Movimento 5 Stelle, come spesso dichiara il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli, è contrario a questo sistema? Ci può spiegare di cosa si tratta?
«Il Nutri-Score è un sistema di etichettatura intuitivo che si basa su una scala cromatica e una alfabetica. 5 sono le lettere e 5 i colori che vanno dal verde (A) a rosso (E). Il calcolo tiene conto di 7 parametri di informazioni nutritive per 100g. Un alto contenuto di frutta, verdura, fibre e proteine dà un punteggio positivo, il contrario se alto è il contenuto di energia, zucchero, acidi grassi saturi e sodio. Tutti i nutrizionisti e non solo il M5S ritengono fuorviante questo sistema perché fa apparire dannosi per la salute alimenti invece basilari quali l’olio di oliva. Serve invece una cultura alimentare a tutela del made in Italy e quindi della dieta mediterranea non questi algoritmi che non hanno nessuna base scientifica».
Per sostenere le imprese del comparto agricolo e della pesca, il ministro Patuanelli nel Dl Sostegno punta su politiche di filiera, decontribuzione e ristori sulle perdite di fatturato. Una misura che porta in dote complessivamente 450 milioni di euro per l’agricoltura. Basteranno per l’intera filiera?
«C’è da precisare che per la parte ristori, si stima che al reddito agrario vada circa 1 miliardi di euro per quelle aziende che hanno subito perdite oltre il 30 per cento rispetto al 2019; la decontribuzione del mese di gennaio per l’intera filiera dell’agroalimentare ammonta a oltre 300 milioni; poi ci sono i 150 milioni aggiunti al fondo istituito nell’ultima legge di bilancio per le filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura, per complessivi 300 milioni; si sposta più in alto la cifra che le regioni possono dare alle imprese agricole fino a 270 mila euro ca per ciascuna azienda della pesca e acquacoltura e fino a 225 mila euro per la produzione agricola; poi indennizzi alle imprese che operano in montagna, nel turismo e autonomi inclusi gli operatori del settore agricolo. Non mi sembra poco, considerando che tra fondi del Recovery Fund e nuova Pac 21-27, nei prossimi anni il settore primario potrà avvalersi di somme che raggiungono i 50 miliardi».
Parliamo di lavoro nero. È conclamato ormai il fallimento della sanatoria voluta da dall’ex ministra Teresa Bellanova. Ci dica due proposte concrete per contrastare l’odiosa piaga del caporalato.
«Eravamo consapevoli fin da subito che quella sanatoria non sarebbe stata utile al settore agricolo. Il lavoro da farsi è un altro e richiede pianificazione quale quella iniziata a febbraio dello scorso anno con l’approvazione del Piano triennale 2020-2022 di contrasto allo sfruttamento lavorativo e al caporalato. I principali mezzi sono la prevenzione e la vigilanza. Quindi la collaborazione con tutti gli attori della filiera agricola per agevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, la formazione, l’assistenza alle vittime, la creazione di soluzioni abitative e per il trasporto sul luogo di lavoro. Mi viene in mente a riguardo, un progetto importante: il Piu Supreme (Percorsi Individualizzati di Uscita dallo Sfruttamento) per cui sono stati stanziati circa 20 milioni di euro. Il progetto ha un partenariato composto dalle Regioni Puglia (Lead partner), Basilicata, Calabria, Campania, Sicilia e Nova Consorzio nazionale per l’innovazione sociale. Sul fronte produttori agricoli, importante è garantire una distribuzione del valore equa lungo tutta la filiera in modo che, la raccolta nei campi, valga bene il prezzo da pagare ai braccianti. Insomma, non ci sono ricette salvifiche, ma la necessità del contributo di tutti».
@ciro_oliviero