30.056 hanno avviato un percorso di uscita dalla violenza
Il 27 novembre 2014 la conferenza Stato-Regioni ha raggiunto un accordo sui requisiti minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, prevista dal comma 4 dell’art. 3 del Dpcm del 24 luglio 2014. Nel 2018 i cav con quei requisiti erano 302. Un numero pari a 0,05 centri per 10mila abitanti. Stabile rispetto all’anno precedente. Le donne che si sono rivolte a quei cav sono state 49.394. 17,2 per ogni 10mila abitanti. Il 13,6 per cento in più di quelle che avevano chiesto sostegno nel 2017. Tra queste hanno avviato un percorso di uscita dalla violenza 30.056. Il 63 per cento di queste ha figli (di cui il 67,7 minorenni. Le donne straniere sono il 28 per cento.
Il 68,5 per cento dei centri antiviolenza ha reperibilità h 24. In media sono aperti 5,2 giorni a settimana per sette ore al giorno. Il 69,6 per cento attiva la segreteria telefonica negli orari di chiusura. Il 95,3 per cento aderisce al numero nazionale antiviolenza 1522. Il 66 per cento degli enti gestori di questi cav si occupa esclusivamente di contrasto alla violenza di genere. Il finanziamento arriva sia dal pubblico che dal privato. Per il 51,4 per cento da entrambi. Il 39,3 riceve fondi solo dal pubblico.
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Per mandare avanti i centri è fondamentale l’impegno dei volontari, che contribuiscono per il 55,5 per cento del personale. Importante anche la rete. L’82,9 per cento di questi cav aderisce infatti ad una rete territoriale composta principalmente da servizi sociali ed enti del comparto giustizia.
La crescita maggiore si registra in Molise (+67%), seguita da Lazio (+53%) e Lombardia (+33%). Calano i centri antiviolenza segnalati dalle Regioni in Sicilia (-20%) e in Campania (-10%). In Valle d’Aosta, Basilicata, Umbria e Calabria i cav operano sull’intero territorio regionale.