Tra i settori in maggiore crescita nel mercato dell’usato c’è quello dell’abbigliamento, con +22 %
La prima fase dell’emergenza da Covid-19 e il lockdown hanno inciso sulle attività di riuso. Fiere, mercati, ambulanti, cooperative, aziende hanno subito un contraccolpo economico non indifferente. Come molte altre attività sono rimaste bloccate. Non potevano lavorare. In quella fase è cresciuto il mercato online, anche dell’usato. Quando le misure di contenimento dei contagi lo hanno permesso gli operatori sono tornati a lavorare sul campo. Nonostante la crisi il settore ha fatto registrare una crescita importante. Il fatturato stimato è di circa 2 miliardi annui. Le persone impiegate nel settore vanno dalle 80 alle 100 mila, con circa 3 mila punti vendita in tutta Italia.
Negli ultimi quattro anni il fatturato dei negozi dell’usato conto terzi è cresciuto del 17 per cento, superando i 400 milioni di euro di fatturato. La vendita di usato online cresce del 15 per cento, con un fatturato che raggiunge i 230 milioni di euro annui. L’ambulantato fattura 950 milioni annui. Questi i numeri principali del settimo Rapporto Nazionale sul Riutilizzo, edito dall’Osservatorio del Riutilizzo di Occhio del Riciclone Italia Onlus, in collaborazione con Rete Onu (operatori nazionali dell’usato) e Labelab Srl, società di consulenza specializzata nel ciclo dei rifiuti.
Secondo la stilista e coordinatrice del movimento Fashion Revolution Marina Spadafora, intervistata sull’argomento dai redattori del Rapporto Nazionale sul Riutilizzo, «il riciclo dell’abbigliamento usato è uno dei cardini della sostenibilità nella moda». Secondo il rapporto il settore degli indumenti usati è cresciuto del 22 per cento negli ultimi quattro anni. Anche se in Italia c’è ancora una certa confusione tra la filiera no profit per la donazione di abiti usati a persone meno fortunate e quella della valorizzazione economica dell’abbigliamento usato.
«Il rapporto spiega bene il potenziale che hanno l’economia circolare, il riuso e il mercato dell’usato soprattutto per quanto riguarda il settore tessile. Sappiamo ormai bene i danni che sta causando la cosiddetta fast fashion tanto al Made in Italy quanto ambiente. Ampliare il discorso del riciclo al tessile, come sto ribadendo in questi mesi, magari con decreti end of waste dedicati, permetterà la creazione di una nuova filiera di economia circolare, che parte dalla creazione di posti di lavoro», ha detto la senatrice della commissione Ambiente Emma Pavanelli.
«L’aspetto che più si sente a marginalizzare è proprio quello relativo alla sfera lavorativa. Economia circolare non significa solo meno rifiuti ma soprattutto nuove opportunità sociali, ambientali e lavorative. I recenti arresti a Prato hanno dimostrato che le mafie si sono introdotte anche nel circuito dello smaltimento del tessile. Un sistema che va contrastato, con tutte le nostre forze. Non possiamo permettere che le organizzazioni criminali si approprino di quella che è una vera e propria risorsa».
@ciro_oliviero
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