Tra i fattori la diminuzione della domanda di manodopera e l’introduzione di restrizioni di viaggio
L’emergenza da Covid-19 mette a rischio i flussi migratori e l’integrazione dei migranti. Ad evidenziarlo è l’Ocse. Nel 2019 la migrazione per motivi di lavoro era aumentata di oltre 13 punti percentuali con 5,3 milioni di persone che si erano spostate vero i Paesi Ocse. Anche nei due anni precedenti i numeri erano stati in crescita. La pandemia ha interrotto questa crescita. Solo nei primi sei mesi di quest’anno è stato registrato un calo del 46 per cento sia per visti che per permessi.
Nel secondo trimestre del 2020 il calo è stato del 72 per cento. L’anno in corso farà verosimilmente registrare il minimo storico per la migrazione in area Ocse. Un periodo in cui i rifugiati rappresentano una quota relativamente alta in alcuni Paesi Ocse. Tra i fattori che hanno portato a questo risultato la diminuzione della domanda di manodopera, l’introduzione di restrizioni di viaggio, l’aumento di smart working. I dati sono presenti all’interno del rapporto International Migration Outlook 2020 pubblicato oggi dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
«La migrazione continuerà a svolgere un ruolo importante per la crescita economica e l’innovazione, nonché per rispondere ai mercati del lavoro in rapida evoluzione. Dobbiamo evitare di tornare indietro sull’integrazione e riaffermare che la migrazione è parte integrante delle nostre vite», ha detto nel corso della presentazione del rapporto il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria.