Nuovi scenari dietro la morte del volontario Onu napoletano
Il 29 agosto del 2019 il campo di Rogelio Bolívar Córdova, nel villaggio di Aguas Claras, nel comune di San Vicente del Caguán, subì un attentato. Nel corso del bombardamento contro l’accampamento dell’ex guerrigliero delle Farc persero la vita 7 minori tra i 12 ed i 17 anni. Mario Paciolla lavorò alla ricostruzione di quella vicenda assieme ad altri membri della missione Onu in Colombia. La relazione sarebbe dovuta restare riservata. Finita nelle mani di alcuni politici colombiani ha portato alla caduta, il 5 novembre 2019, dell’allora ministro della Difesa, Guillermo Botero.
Tutte queste persone sono state messe in pericolo. La loro corrispondenza, come sottolinea su El Espectador Claudia Julieta Duque, è finita anche nelle mani di personaggi dell’intelligence sudamericana. Questi fatti hanno messo in pericolo non solo il prosieguo della missione, ma i membri della stessa. Un primo segnale era arrivato dagli attacchi cibernetici che alcuni membri della missione, tra cui Mario, avevano subito due settimane dopo la caduta di Botero.
Dopo la morte di Mario Paciolla la madre dichiarò che Mario le aveva detto di sentirsi sporco, usato. Per questo aveva deciso di rientrare a Napoli. Il 20 luglio sarebbe dovuto salire su un aereo che lo avrebbe riportato in Italia. Mario è morto pochi giorni prima. Le indagini sulla sua morte restano ancora incomplete. Anche per l’ostruzionismo di alcuni operatori Onu, denunciato anche dall’ambasciatrice italiana nel Paese. A questo si aggiunge l’inquinamento della scena, come ricostruito da El Espectador. Restano ancora troppi punti oscuri in questa vicenda.
Ciro Oliviero