Il mio viaggio in Marocco all’indomani del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013 e l’incontro con una donna islamica
Quando si visita una terra sconosciuta bisogna farlo in punta di piedi. Perchè ogni cultura, ogni religione, ogni colore della pelle merita rispetto. Quando si va in Marocco, ospitati da un paesaggio che ti viene quasi incontro durante la scoperta, abbracciare un mondo completamente diverso dal tuo avviene con una incredibile naturalezza.
Anche Maria mi è venuta incontro fuori la Moschea de la Koutoubia. Con le sue mani dal palmo bianco e minute, con le gote di un rosa naturale, i piedini scalzi che avrebbero percorso il mondo per quanto erano giovani e veloci e con in mano un Kaftano chiaro tinto d’incenso e di credo che mi ha proteso sorridendo.
Una donna araba può sorridere ad una donna straniera, ma quella sera tutte le donne coperte da morbidi veli pronte ad entrare in Moschea avevano riso tanto davanti alla scena di me alle prese con i foulard per fingermi musulmana. Le avevo provate tutte. Nessun velo bastava a coprire i centimetri di pelle che una donna in Marocco deve nascondere, che sia per la preghiera o per amore verso il proprio uomo.
Mi mancava la tecnica per avvolgermi con disinvoltura e non dare nell’occhio. In Marocco non si possono visitare le moschee se non si è musulmani, stessa regola vale per l’imponente Moschea de la Koutoubia che maestosa regna a pochi passi dalla storica piazza della Medina, Place Jernna e Fna.
Maria, invece, con tremante credo fa parte di quel filone che sposa un’apertura mentale che ancora non esiste in Marocco ma che teoricamente vorrebbe che le persone di cultura e religione diversa si accostassero all’islamismo. Per convertirsi o semplicemente per conoscere.
Dopo aver tentato invano di visitare la moschea da rispettosa ma pur sempre cristiana, anche il mio cuore ha sorpresa me stessa quando di fronte al tacito invito di Maria di indossare un kaftano per entrare ha vissuto un intenso attimo di incertezza. Era paura di mancare di tatto ad un popolo che crede incessantemente in un Dio che chiamo diversamente e che amo in maniera differente. Anche la Madonna per me è una. Sempre la stessa. Ed ero andata ad incontrarla il giorno prima, quando con improbabile trekking, scalza e curiosa avevo scalato l’Altea per bagnare i piedi nella fonte della Cascata della Mano di Fatima.
Forse il fatto di essere stata alle cascate mi ha fatto superare l’incertezza ed afferrare ed indossare il Kaftano, mi è sembrato di aver avuto il permesso dalla loro, ed anche un pò mia, Fatima.
Le moschee musulmane sono la summa della società araba. All’interno della moschea il profumo di incenso è forte e avvolgente. Non c’è molto. Quanto basta per inginocchiarsi e toccare il pavimento ricoperto da tappeti azzurri con il capo. E una pila di Corani da riporre dopo la consultazione con rigorosa precisione. Le fila delle donne ovviamente sono dietro alle fila composte dagli uomini sia prima che durante la preghiera La divisione teorica e pratica è la stessa della società. Le uscite sono diverse. Una per gli uomini, una per le donne. Il giardino adiacente alla moschea che ospita recipienti lavorati a mano da donne e bambini contengono acqua per bagnare i piedi prima della preghiera. Un atto di purificazione e preparazione permesso solo agli uomini.
Quando hai solo occhi e dita di mani e piedi scoperti desideri soltanto una cosa: aiutare le donne a scappare. Eppure sentendo i racconti di Maria con timido francese, ho scoperto che ci sono donne che indossano di buon grado il velo, per rispetto ed amore verso il proprio uomo, per concedere la propria pelle solo per farsi amare.
Maria riusciva a trasmettere così tanto entusiasmo e serenità che ho desiderato per un attimo imparare ad amare così, in maniera totalizzante, forte. Avvolta da morbidi carezze in società e scoperta per lui.
E’ stato un pensiero nuovo cessato immediatamente quando il mio sguardo caduto sulle cellette, che permettono al sole all’alba e al tramonto di salutare l’interno della moschea,è stato intercettato dagli occhi severi di due uomini ai quali avevo rubato pochi centimetri di spazio. La poesia dura pochi attimi quando devi ricordarti che se sei donna in Marocco sei inferiore.
La visita in Moschea è durata quanto la loro preghiera, una decina di minuti. Persino più di un tramonto in Marocco. Ero felice. Di aver incontrato un mondo che non è mai come lo immagini o lo apprendi da un libro.
Ero emozionata. E fiera. Di essere donna. Perchè ogni rivoluzione che conta è rosa. E Maria è una donna rivoluzionaria che ascoltando la mia curiosità mi aveva fatto conoscere la sua missione. Nel frattempo la porta decorata dalla quale ero entrata era stata chiusa. I lineamenti del volto di Maria sono diventati improvvisamente più rigidi. Dovevo andare via. Il suo giovane credo era durato troppo.
Siamo arrivate all’entrata destinata agli uomini quasi furtivamente. Maria mi ha abbracciata e non so se brillavano più i miei occhi o i suoi tanto eravamo sorridenti. Non ho avuto tempo a sufficienza per farle capire quanto era stata brava. Doveva ritornare. Ma quando mi sono voltata per un ultimo saluto quasi a volermi sincerare che i suoi lineamenti si fossero rasserenati ho rivisto la Maria come all’inizio dell’incontro.
Indossava una giovane allegria che spero un giorno possa trasformarsi in libertà. Anche di professare lo stesso credo della sua terra natia in maniera personale. Il Marocco è così, una terra di largo respiro. Che ti accoglie affascinante nei suoi meandri restituendoti il coraggio di andare avanti. Pochi giorni passati ad incrociare il colore della terracotta, gli infiniti occhi dei bimbi berberi, luoghi dove cominci a perderti per ritrovare sempre te stesso. E comprendere che anche un barcone spesso può diventare un diritto.
Passavano i miei giorni in Marocco mentre aumentava il numero dei corpi senza vita che il mare, lo stesso che avevo sorvolato in aereo, restituiva alle coste italiane. E’ proprio così, le persone che io amo definire di colore perchè il colore è vita vogliono venirci incontro. Come il credo di Maria, come l’amore delle donne arabe, come gli occhi di un nero infinito dei bambini affamati, come chi preferisce persino rischiare la morte per tentare una vita. Dignitosa.
Carmen Cretoso
17 Comments
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