Dal 1 al 4 giugno 47 Paesi, tra cui l’Italia, saranno chiamati a votare il protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Oviedo
La bozza del protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Oviedo viola i diritti umani delle persone con disabilità psicosociali e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. A sottolinearlo era stato, nelle scorse settimane, lo European Disability Forum. Nonostante l’opposizione dell’organismo europeo il protocollo sul ricovero in psichiatria ed il trattamento involontario andrà al voto. Dal 1 al 4 giugno 47 Paesi, tra cui l’Italia, saranno chiamati a votarlo presso il Comitato di bioetica istituito presso il Consiglio d’Europa. Anche la Fish si è detta contraria ai parametri previsti dal protocollo, e ha scritto al presidente del Consiglio Draghi ed ai ministri Di Maio, Speranza e Stefani.
Per la Fish il protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Oviedo contrasta con gli obblighi derivanti dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Il ricovero in psichiatria e il trattamento involontario sono infatti vietati dalla Convenzione. Nonché dalla risoluzione su come porre fine alla coercizione nell’ambito della salute mentale adottata all’unanimità nel 2019 dal Parlamento europeo. Inoltre l’adozione del protocollo creerà un conflitto giuridico tra gli obblighi degli Stati a livello regionale (Consiglio d’Europa) e a livello internazionale (Crpd), perché in tal modo due diversi standard verranno applicati negli Stati europei che hanno ratificato la Convenzione.
«La Convenzione di Oviedo si basa sulla biomedicina, il protocollo aggiuntivo, invece, fa entrare il tso in un processo terapeutico socio-sanitario», ha detto il presidente di Fish, Vincenzo Falabella. «Il protocollo, così come è stato concepito, – aggiunge – giustifica i trattamenti di contenzione, prevede un placement in ogni tso, non chiarisce se i tso siano indirizzati soltanto alla cura e al miglioramento delle condizioni di salute e, pertanto, mantiene l’ambiguità esistente tra i trattamenti medici e quelli legati alla sicurezza pubblica».
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