L’intervista al segretario generale della Confederazione Islamica Nazionale, Massimo Cozzolino
Venerdì scorso per la maggior parte dei musulmani nel mondo è iniziato il Ramadan. Questo vale anche per tutti quei fedeli islamici che si trovano qui in Italia. Le restrizioni emanate dal governo impongono alle moschee di tenere chiuse le porte. Così come per tutti gli altri luoghi di culto. Ciò ha impedito di eseguire in maniera collettiva le cosiddette preghiere del Tarawihe. Inoltre, non è possibile condividere alcuni rituali importanti come Al Iftar, ovvero i consueti pasti che seguono alla rottura del digiuno e che normalmente si svolgono in un’atmosfera familiare ed accogliente, con parenti, amici o fratelli e all’interno delle moschee.
Le restrizioni riguardano anche gli spostamenti. Viaggiare per riunirsi con la propria famiglia in occasione della festa di chiusura del Ramadan è proibito. Questa volta tutto è diverso per le restrizioni e i distanziamenti sociali che sono necessari ai fini di evitare il contagio. Anche una semplice stretta di mano per augurarsi Buon Ramadan risulta difficile. Baci e abbracci sono vietati imponendoci un nuovo stile di vita al quale non siamo abituati. Abbiamo voluto approfondire la questione con Massimo Cozzolino, segretario generale della Confederazione Islamica Nazionale e presidente della Federazione Campania.
Quali sono le difficoltà della comunità islamica di questo periodo?
«La comunità musulmana sta attraversando un periodo estremamente difficile come tutti, del resto. Il Ramadan è un momento intenso dal punto di vista religioso. Oggi tutte le attività culturali e religiose legate a questo periodo, non si possono effettuare ma ci siamo impegnati per rimanere collegati con la comunità promuovendo, ad esempio, delle lezioni in streaming, dei video e la lettura del Corano».
La comunità islamica si stia impegnando con attività solidali?
«Molti fedeli stanno affrontando tante difficoltà dovute al periodo prolungato di lockdown, ma nonostante tutto la risposta della comunità islamica è stata molto positiva. A Marigliano, in provincia di Napoli, ad esempio, la comunità si è attivata per donare dei piccoli fondi alla Protezione Civile, in prima linea durante questa emergenza di Covid-19»
Tra le difficoltà del periodo c’è un altro dramma difficile da gestire. Il Covid-19 ha provocato parecchie vittime, molte delle quali sono musulmane. Allora dove seppellire i defunti se gli spazi cimiteriali sono pochissimi sul territorio nazionale?
«La sepoltura delle salme è un evento drammatico. Molte vittime del Covid ed anche quelle decedute per altri motivi, con la chiusura del traffico aereo non possono ritornare al loro Paese d’origine per l’inumazione. Inoltre, ci sono delle leggi dei Comuni italiani che vincolano la sepoltura delle salme, in quei pochi cimiteri dedicati ai musulmani, con la residenza. Nello specifico, se una persona muore nel comune di Napoli, che non ha uno spazio cimiteriale per i musulmani, non potendo far ritorno nel proprio Paese d’origine sarà necessario chiedere un’autorizzazione per effettuare la sepoltura in un altro comune. A tal proposito, abbiamo fatto intervenire le Prefetture per l’apertura straordinaria di piccoli spazi all’interno delle aree cimiteriali dei comuni adibite alla sepoltura dei fratelli musulmani. È stato drammatico perché in alcuni casi, in mancanza di una risoluzione immediata, ci siamo ritrovati con salme ferme in obitori per lungo tempo».
Nagi Cheikh Ahmed