Alle 18 il Consiglio dei ministri si riunirà per deliberare lo stato d’emergenza per la siccità nelle aree maggiormente colpite
Le nostre Regioni sono arrivate in ritardo sulle soluzioni da adottare rispetto alla crisi idrica. Non ci gira molto intorno John Fawell, considerato il massimo esperto mondiale sul tema dell’acqua e membro della World Health Organization in qualità di esperto della Commissione Gdwq (Guidelines for drinking-water quality). A poche ore dal Consiglio dei ministri che si terrà alle 18 a Palazzo Chigi per deliberare lo stato d’emergenza per la siccità nelle aree maggiormente colpite, le parole di Fawell meritano una certa attenzione.
«Il momento in cui si realizza che c’è una crisi – ha spiegato l’esperto – è quando questa si verifica, ma le azioni per mitigarla devono essere adottate prima che la crisi si verifichi. Questo non è stato fatto, perché farlo è difficile. Lo è tanto più per i politici, perché comporta misure economiche e possibili tasse in più per i cittadini, ma in fin dei conti quelle misure vanno nell’interesse collettivo. È importante spiegare questo alle persone, far loro capire che anche i loro gesti possono fare la differenza, agire collettivamente e sul locale, spingere i politici ad adottare misure concrete».
Fondamentale, ha aggiunto Fawell «evitare gli sprechi. Bene l’utilizzo di nuove tecnologie, ma attenzione, perché le tecnologie spesso comportano utilizzo extra di carboni fossili e consumo energetico». La strada, ha concluso, «è quella della consapevolezza, del risparmio e del riutilizzo dell’acqua. Modello a cui guardare: Singapore, che trovandosi di fronte a problematiche differenti ha ideato soluzioni diversificate per il risparmio idrico».
Ma come ha fatto un’isola senza sorgenti con riserve idriche limitate con una popolazione sempre più in crescita e un’economia in espansione a offrire un modello sull’uso della risorsa?
«Il successo di Singapore – spiega il Pictet-Water Advisory Board – è dovuto a diversi fattori. Di questi, la tecnologia è l’aspetto più facile da condividere con il resto del mondo. Singapore potrebbe insegnare ad altri Paesi ad evitare le perdite idriche con i big data, o spiegare la sua iniziativa NEWater, che ripulisce le acque reflue e poi applica ulteriori processi di trattamento – microfiltrazione, osmosi inversa e disinfezione con ultravioletti. L’acqua resa disponibile grazie a questi processi è ampiamente utilizzata nell’industria ed è sufficientemente pulita da essere potabile».
«Occorrono anche l’investimento di capitali e le modifiche nelle abitudini dei consumatori. E anche qui Singapore è al primo posto. La città-Stato non è solo uno dei principali centri di ricerca per la tecnologia idrica, ma attraverso l’istituzione di enti pubblici pionieri nel settore come la National Water Agency, ha anche garantito che la sicurezza e la conservazione dell’acqua siano saldamente al primo posto nell’agenda politica e legislativa».