Il sociologo Michele Vangone ci ha raccontato il suo viaggio nel campo di concentramento di Auschwitz
«Passeggiando in Auschwitz non riesci a trovare punti di riferimento, un intenso grigiore accompagna ogni tuo singolo movimento, ogni angolo di quel luogo ha i colori dell’annientamento, della crudeltà e della miseria umana» fa fatica a trattenere l’emozione Michele Vangone, giovane sociologo della provincia di Salerno, quando racconta il suo viaggio umano ed interiore nella città dell’Olocausto.
Deve ogni tanto fermarsi, e riordinare i ricordi, perchè quel viaggio, Michele lo organizzò una volta divenuto dottore in sociologia, quando cominciava ad occuparsi di ragazzi con disabilità motorie e mentali. Un viaggio rivoluzionario, che determina ancora oggi tante sue scelte lavorative, al servizio dei più deboli. Un viaggio che secondo Michele dovrebbe affrontare chiunque, anzi, che la scuola dovrebbe ritenere tappa obbligata per l’evoluzione di ogni ragazzo.
«La cosa che sento sulla pelle ogni giorno è quella consapevolezza che si respirava nell’aria, la certezza di come gli oppressori fossero riusciti a rendere schiavo un corpo fino a farlo morire di lavoro, per poi rivederne ogni particolare, dai denti, ai capelli, alle ossa» racconta Vangone confidandoci che la stanza che racchiudeva quintali di capelli che sarebbe servita per l’industria tessile l’ha sognata per tanto tempo ancora, dopo il suo ritorno in Italia.
«La grande industria tedesca ha fatto dello sfruttamento e della persecuzione di milioni di persone fonte di guadagno e speculazione inesauribile ed in quel campo, come un pugno in pieno viso, scoprii una stanza destinata alle persone disabili, che per i tedeschi non erano considerate nemmeno da “sfruttare lavorativamente parlando” ma da “utilizzare direttamente come merce”. In quella stanza, protesi ed attrezzi per disabili che per mesi interi hanno arricchito le casse tedesche rappresentano l’ennesima disumana ingiustizia che il mondo non può dimenticare» racconta Michele Vangone spiegando come in questo momento storico quel capitolo brutale della storia dell’umanità deve insegnare a non commettere gli stessi errori. Partendo dalle famiglia, dalla scuola, da Auschwitz.
Carmen Cretoso
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