L’Italia dei Comuni innovativi

L’Italia dei Comuni innovativi

Le città sono la soluzione (Donzelli), il libro di Simone d’Antonio e Paolo Testa

Le città sono i luoghi in cui avvengono le sfide principali del nostro tempo, ma anche quelli in cui emergono le soluzioni più interessanti. Simone d’Antonio e Paolo Testa hanno fatto un viaggio nell’Italia delle grandi, medie e piccole città che, attraverso interventi capaci di migliorare la qualità della vita degli abitanti, hanno scelto di confrontarsi con altre realtà urbane europee. Un viaggio raccontato nel libro Le città sono la soluzione (Donzelli), del quale abbiamo parlato con Simone d’Antonio.

Cosa insegnano le città italiane in tema di innovazione?
«Le città italiane sono state capaci negli ultimi anni di coniugare diverse forme di innovazione che hanno prodotto un impatto concreto sui territori, nei centri urbani come nelle periferie. Non si tratta soltanto di forme di innovazione tecnologica o di interventi di rigenerazione urbana e riuso degli spazi pubblici, ma anche di interventi capaci di migliorare i processi di crescita all’interno delle pubbliche amministrazioni, la partecipazione degli attori del territorio e, più in generale, forme di innovazione sociale e coinvolgimento civico su progetti sempre più integrati e complessi. Questo scenario rende le città italiane dei laboratori continui di innovazione, dove pubblico, privato e comunità definiscono azioni capaci di migliorare davvero la vita degli abitanti. I progetti che raccontiamo nel libro sono un esempio di quanto dalle città passi il futuro del nostro paese: non soltanto dai grandi centri ma anche da città di piccole e medie dimensioni che sanno applicare al meglio soluzioni e pratiche su temi d’avanguardia che emergono in Europa».

L’esempio più innovativo di città raccontato nel libro.
«Non credo ci sia un esempio più innovativo di altri, ogni lettore saprà trovare l’esperienza o la soluzione che secondo le sue attitudini ritiene maggiormente originali. Personalmente sono molto legato ad alcune delle esperienze presenti nel libro, che hanno tradotto in pratica degli approcci olistici al governo del territorio come il “paradigma del gioco” messo in pratica da Udine, che ha utilizzato l’elemento ludico per favorire il dialogo tra diverse generazioni, la stimolazione cognitiva degli anziani e la realizzazione di azioni di rigenerazione urbana e sperimentazioni di placemaking. Altre esperienze invece, come quella di Casoria, suggeriscono quanto l’adozione di una metodologia di lavoro europea, che fissa obiettivi strategici e piani integrati possa migliorare il modo in cui una pubblica amministrazione dialoga con i mondi della conoscenza, dell’associazionismo e dell’attivismo sociale per ridurre il divario esistente tra centri e periferie nelle cinture metropolitane e avviare la riqualificazione di spazi verdi e strutture dismesse».

Quanto è importante la collaborazione tra pubbliche amministrazioni e comunità locali?
«La collaborazione tra pubblica amministrazione e cittadini è sempre più decisiva, il libro racconta quanto sia un elemento imprescindibile da cui avviare la realizzazione sul medio e lungo periodo di progettazioni che siano davvero capaci di cogliere i bisogni di una comunità e di agganciarsi al resto delle politiche locali e regionali. Il metodo promosso dai progetti Urbact ha favorito la creazione di una cultura della partecipazione che ha unito diversi livelli, dai sindaci alle associazioni del territorio fino a quei soggetti dinamici che hanno facilitato il dialogo tra soggetti che rappresentano le diverse dimensioni (ambientale, economica e sociale) della sostenibilità urbana. Con questo libro abbiamo provato a dare qualche spunto di riflessioni concreta, per favorire l’avvio di processi simili anche in realtà che non hanno mai avviato percorsi partecipativi che sono capaci di definire in maniera positiva la qualità di azioni e progetti condotti da un’amministrazione».

Qual è il futuro delle città italiane?
«Difficile dirlo, ma sicuramente emergono delle tendenze importanti: il riavvicinamento tra dimensione urbana e rurale, l’emergere delle città media, il focus sulle politiche di prossimità, nuove forme di utilizzo degli spazi pubblici. Toccherà alle amministrazioni e alle comunità collaborare sempre di più per consolidare progetti e sperimentazioni nate durante l’anno della pandemia, per rendere le nostre città dei luoghi attrattivi ed equi per tutti. L’architetto danese Jan Gehl diceva “una buona città è come una bella festa: le persone ci rimangano più a lungo quando si divertono”: il compito delle nostre città è proprio quello di rendere la vita delle persone migliore, e solo così potranno continuare ad essere poli di attrazione di saperi, visioni e competenze».

@ciro_oliviero

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